“Deserto Bianco”, storie di straordinaria quotidianità dalla guerra di Gaza nel libro di Gian Stefano Spoto

Corrispondente Rai in Medio Oriente durante il conflitto del luglio 2014, l’autore racconta tra le pagine le testimonianze di vita della gente comune oltre le notizie di cronaca riportate dai media

Venerdì 3 Novembre 2023 di Gustavo Marco Cipolla
"Deserto Bianco"_Courtesy of Gian Stefano Spoto

Deserto Bianco" è un viaggio che attraversa la quotidianità di chi ha vissuto la guerra di Gaza nove anni fa. Gian Stefano Spoto, corrispondente Rai in quei giorni tumultuosi, da giornalista di costume svela tra le pagine una prospettiva intima e sensibile che va oltre le notizie e gli eventi riportati dai media. Il volume, edito da Graphofeel e a cura di Anna Marina Gualdesi, scava nelle vite di persone comuni, straordinarie per la loro resilienza e determinazione nell’affrontare situazioni al limite del vivibile.

 «Luglio 2014, guerra di Gaza, parto per Gerusalemme, la racconterò come unico corrispondente Rai.

Testate e reti mi chiedono, logicamente, centinaia di speciali e dirette. E solo dopo la tregua, la parola pace non è mai stata pronunciata in passato e difficilmente lo sarà in futuro, tento di proporre servizi sulla vita in Israele e in Palestina. Non cercai nulla, bastò un po’ di attenzione per collegare me e la mia eccellente redazione con tanta, inimmaginabile umanità.», spiega l’autore, che aggiunge «Giravamo e poi, a camere spente, ci rivelavano fatti impensabili. Ma le vicende erano tante, e mi appassionarono al punto di indurmi a scrivere un libro, approfondendo quello che lo spazio televisivo non poteva contenere come i problemi che appaiono insolubili, e soprattutto le vicissitudini sussurrate e soffocate da quelle urlate. Il titolo è ispirato alla neve surreale che, in pochi mesi, ricoprì due volte quei luoghi. Ma produsse effetti molto diversi, a seconda di dove cadeva. Bambini felici, increduli e giocosi nelle zone ricche, morti di freddo dove mancava l’elettricità».

“Deserto Bianco”, storie di straordinaria quotidianità dalla guerra di Gaza nel libro di Gian Stefano Spoto

Sullo sfondo di un candido presepe, Spoto raccoglie le testimonianze più vere, sincere, e riesce a trasmettere le paure, le gioie e i drammi che si nascondono dietro le cronache. Le storie di morte e rinascita, di passione e scontro, di speranza e disperazione sono intrecciate in un articolato tessuto narrativo che mette in luce la complessità del Medio Oriente. In "Deserto Bianco" emergono personaggi che rappresentano la variegata demografia di quella terra contesa. Una realtà quotidiana stupefacente, le regole-non regole dentro un quadrante del pianeta in cui, spesso, si danno per scontati concetti confusi.

Copertina "Deserto Bianco", edizioni Graphofeel

«Uno psicologo palestinese e una psicologa israeliana svolgevano lo stesso lavoro, cercavano di far tornare un minimo di serenità nel cuore di chi aveva subito tragedie sulla propria pelle. Al palestinese annunciarono la distruzione di tutta la sua famiglia rimasta sotto le macerie della casa bombardata. E lui andò, assistette ai funerali e poi tornò a fare il proprio mestiere: sono convinto che la collega, se l’avesse conosciuto, gli sarebbe stata vicina. Ma c’era un muro, c’era una guerra. - continua lo scrittore - Un avvocato di Gerusalemme, per il terrore degli attentati, iniziò a mandare su tre autobus differenti i tre figli che frequentavano la stessa scuola. E molti lo imiteranno. L’amore fra due giovani di famiglie palestinesi rivali, la routine nei kibbutz e nelle aree del Negev dove la gente trascorreva gran parte del tempo nei rifugi sotto terra. Mamme di soldati israeliani al fronte che vivevano giorno e notte su una poltrona circondate da televisori nel terrore di ricevere la notizia più brutta». 

Dall'eroico dottore che continua a lavorare malgrado il dramma personale, al giurista che vuole proteggere i suoi ragazzi dalle aggressioni, passando per le peripezie sentimentali che sfidano le rivalità tra clan, ogni foglio è una finestra aperta che regala sogni e attese. Spoto non si limita a descrivere gli avvenimenti, ma invita a riflettere sui significati più profondi, invisibili, che minano le certezze. Tramite le sue parole ci si confronta con il velo dell’ignoranza, che impedisce di vedere separando e dividendo le comunità, ma anche con l'arte, la scienza e gli aspetti culturali che affiorano nonostante le avversità. 

«Un terrorista si racconta alla mia telecamera come un servo di Dio e della ragione, l’uomo più ricco di Palestina è un gentleman che ha ricostruito una villa palladiana in cui abita a pochi metri da Nablus, città teatro di attacchi e sommosse. E ora che scoppia un altro conflitto, più cruento, più terribile di quello che vissi nove anni fa, penso a quel papà che riuscì a salvare da un missile solo uno dei suoi bimbi, a un genietto che voleva far cantare insieme il mondo intero, alla donna che sconfisse i nazisti, alla violinista che suonava mentre la operavano alla testa, al piccolo che non aveva nulla, ma mi offrì le sue noccioline. E mi chiedo perché, parlando di loro, dovrei passare attraverso il filtro dell’etnia. E non solo da quello dell’umanità», conclude il cronista, già vicedirettore di Rai 2. 

In un momento storico in cui una nuova e crudele barbarie scuote la regione e le coscienze, l’opera ricorda l'importanza di andare al di là delle etichette etniche e di abbracciare quel senso altruistico, ripetutamente dimenticato, che aiuta a mettere in discussione i pregiudizi. Sottolineando la connessione umana che può, e deve, nascere in contesti drammatici. Uno sguardo sull’esistenza racchiuso in una visione letteraria che non solo informa, ma cattura la mente anche dopo aver letto l’ultimo capitolo.

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