Pd, un triste spettacolo che il Paese non capisce

Martedì 21 Febbraio 2017
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Caro direttore
quanto è successo domenica nell'assemblea del Pd, si potrebbe riassumere così: la sinistra non può e non vuole morire democristiana. Chi ha avuto in tasca la tessera del Pci non può accettare un leader che ha eletto a uomo simbolo Marchionne. Le scissioni fanno parte del Dna della sinistra, purtroppo questo crea un danno a tutto il Paese. Siamo stati quasi fermi più di 6 mesi per il referendum e lo stesso succederà in attesa del congresso e poi della fine legislatura: avremmo bisogno di decisioni forti e non di una melina costosissima per tutti.


Gino De Carli

Caro lettore, 
in questo infinito e, per i più, incomprensibile scontro interno al Pd, c'è un aspetto particolarmente sconcertante: i dirigenti del partito, dell'una e dell'altra fazione, sembrano non essere consapevoli del tonfo di credibilità e di autorevolezza che questo scontro sta determinando agli occhi del paese e dei loro stessi elettori. Le lotte intestine, le beghe di corrente e i personalismi dilaganti stanno avendo il sopravvento su tutto, disgregando e, forse disintegrando, la principale forza politica italiana e la sua stessa identità. Mentre il mondo, dall'America di Trump all'Europa della Brexit, sta cambiando a una velocità inimmaginabile, in Italia, il partito di maggioranza, quello che esprime il capo del governo e i principali ministri, quello che si candidava a trasformare la Nazione, si dilania da settimane intorno a temi decisivi come la data di un congresso, le regole con cui deve essere convocato, la partecipazione di questa o di quella corrente ad assemblee e direzioni. Un triste spettacolo, che probabilmente segna l'epilogo di un'avventura politica: quella del Pd. Senza farci capire che cosa verrà dopo.
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