Gramsci a scuola: le idee non devono fare paura

Giovedì 9 Marzo 2017
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Caro Direttore,
ho visto ora che il Ministro Fedeli ha fatto una circolare alle scuole italiane per ricordare la figura di Antonio Gramsci a 80 anni dalla morte avvenuta a Roma il 27 aprile 1937. A questo punto chiedo che siano ricordate nelle scuole italiane anche le encicliche “Divini Redemptoris” che condanna il comunismo e “ Mit Brenennder Sorge” che condanna il nazismo ambedue del 1937 di Pio XI. 
Ricordo solo che Antonio Gramsci (la cui moglie accusava il capo storico del Pci Palmiro Togliatti di averlo fatto arrestare) e’ stato un teorico del comunismo e che il comunismo ha provocato milioni di morti nel secolo scorso .
Dino Zuccherini
Padova

Caro lettore, non credo di poter essere sospettato di nutrire simpatie comuniste o post-comuniste. Ma proprio per questo penso anche che non bisogna avere paura delle idee. Antonio Gramsci, che morì a 46 anni dopo averne trascorsi gli ultimi 11 in carcere, è stato uno dei grandi protagonisti della cultura italiana del secolo scorso. Ed è considerato, a livello internazionale, uno dei più importanti pensatori del marxismo teorico del ‘900. A lui, come noto, si devono in particolare importanti studi sulla conquista del potere e sulla costruzione dell’egemonia. Basterebbe questo a giustificare l’iniziativa del Ministro dell’Istruzione. Il vero problema credo sia un altro. Che nel ricordare all’interno delle scuole la figura di questo pensatore, andrebbero evidenziate non solo le sue indubbie qualità filosofiche, ma anche, come lei giustamente sottolinea, le devastanti conseguenze politiche dell’ideologia marxista di cui Gramsci è stato uno dei più originali e acuti interpreti. Questo sarebbe un corretto ed educativo approccio: una lettura critica di un personaggio e di una stagione decisivi della nostra storia recente. Purtroppo credo di essere facile profeta, nel pensare che non sarà così. In un Paese malato di ideologie come il nostro, il confronto libero e franco delle idee fa ancora paura. E decenni di egemonia culturale marxista (ecco l’importanza dell’elaborazione gramsciana) fanno sentire il loro peso
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