Cospito non è un martire ma un terrorista: giusto parlare del suo caso, ma con serietà e senza ipocrisia

Mercoledì 1 Febbraio 2023

Caro direttore,
da qualche giorno sembra che una delle emergenza italiane sia il caso Cospito. Ho sentito che persino alcuni attori hanno firmato un appello a favore di questo anarchico incarcerato e da settimane in sciopero della fame. Confesso però di non aver capito molto delle ragioni di tanta clamore per un signore che, se non ho inteso male, è un terrorista condannato all'ergastolo. Può aiutarmi lei?

Gianna Renon


Cara lettrice,
lasciamo perdere gli ipocriti appelli di chi sfrutta ogni caso per cercare di ritagliarsi un po' di visibilità, senza spesso neppure sapere bene cosa firma. Il caso Cospito è però una dimostrazione della difficoltà per lo Stato di far convivere il rispetto dei diritti di tutti e la legittima esigenza di ogni comunità di garantirsi la propria sicurezza. Chi è Alfredo Cospito? Non è certamente un martire né una vittima del sistema, ma un anarchico terrorista condannato per aver gambizzato nel 2012 il dirigente di Ansaldo Nucleare Roberto Adinolfi. Un attentato che Cospito ha rivendicato aggiungendo che sparare ad Adinolfi era stata per lui «una gioia e un godimento». Cospito è stato però anche considerato responsabile di un attentato nel 2006 alla scuola allievi carabinieri di Fossano in provincia di Cuneo. Un attacco terroristico condotto con la cosiddetta tecnica a trappola cioè con due esplosivi: il primo di minore potenza per attirare l'attenzione e il secondo a più alto potenziale e predisposto per esplodere successivamente in modo da fare un alto numero di vittime tra coloro che accorrono sul luogo della prima esplosione. Solo per caso a Fossano quella volta non ci fu una strage. Per questi reati Cospito è stato condannato all'ergastolo ostativo (cioè senza benefici di pena) e gli è stato poi imposto il regime del 41 bis, cioè il carcere duro previsto per capi mafiosi e i vertici di organizzazioni terroriste. Un trattamento che prevede regole particolarmente rigide (per esempio: isolamento totale e controllo della posta) ed è finalizzato a impedire che il detenuto abbia contatti di qualsiasi tipo con l'esterno. Contro questo trattamento Cospito sta attuando da oltre 100 giorni lo sciopero della fame, sostenuto da un movimento d'opinione che chiede per lui la sospensione del 41 bis sostenendo che si tratterebbe di un provvedimento eccessivo e ingiustificato dato il suo ruolo. D'altro canto il numero e la gravità degli attentati e degli atti di violenza compiuti in diversi paesi in queste settimane nel nome di Cospito, sembrerebbero dimostrare il contrario e cioè che il terrorista italiano abbia un ruolo di vertice e di peso nelle organizzazioni anarchiche. Questo giustifica o no l'applicazione del 41 bis e la limitazioni delle libertà del detenuto Cospito? Per gli attori che hanno firmato quell'appello evidentemente no, per il governo italiano sì. Ma non solo: in questo dibattito c'è chi va oltre (lo stesso Cospito è fra costoro) e mette in discussione l'esistenza stessa del 41 bis, ossia del carcere duro, perché date le severe limitazioni che impone al detenuto, violerebbe alcuni dei diritti fondamentali di ogni uomo e pure la Costituzione. Argomenti complessi su cui si è già pronunciata anche l'Alta Corte. Ma è comunque bene ricordare che il 41 bis si è rivelato uno strumento fondamentale nella lotta alla mafia. Cosa accadrebbe se fosse cancellato? Non è una domanda che può restare senza risposta. Perché la vita di Cospito, come quella di ogni uomo libero o carcerato che sia, è certamente importante e va tutelata. Ma lo è altrettanto la vita di chi è caduto per mano della mafia e la vita di tutti coloro che quotidianamente lavorano per combattere le organizzazioni criminali e terroristiche.
 

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