Charlie, quando la scienza non è al servizio della vita

Sabato 1 Luglio 2017
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Gentile Direttore,
Charlie dovrà morire ha - di fatto - sentenziato l'Alta Corte Britannica disponendo l'interruzione del sostegno terapeutico al bambino inglese affetto da una gravissima e rarissima malattia mitocondriale. E allora, per la prima volta in modo così evidente e drammatico, la realtà biologica si riflette in quella politica e giuridica: il fatto di poter vivere non è più almeno per i giudici inglesi - il fondo inaccessibile di ogni esistenza umana nei confronti del quale il Nomos statuale deve arrestarsi ma, ed è questo il dato sconvolgente della odierna soglia di modernità biologica, il campo da sottoporre totalmente al controllo del sapere (medico) e dell'intervento del potere (giudiziario). Con la morte del povero Charlie si oltrepassa, così, quella soglia oltre la quale la specie umana entra disumanamente come posta'' in gioco nelle complesse strategie del Potere (politico, giudiziario). Per millenni, l'uomo è rimasto quel che era per Aristotele: un animale vivente e capace di un'esistenza politica; con la morte di Charlie l'uomo moderno diventa un animale nella cui politica è in drammatica questione la sua vita di essere vivente. 


Massimo Tomasutti

Caro lettore, 
la scienza deve essere al servizio dell'uomo. Quando, come nel caso del piccolo Charlie, diviene invece padrona e tiranna della sua vita, allora è il caso di fermarsi e riflettere. La decisione, presa in nome del supremo sapere, di imporre la morte di Charlie, impedendo ai suoi genitori di provare a farlo curare altrove o di tenerlo con loro, è semplicemente disumana. Ed è inquietante che questa imposizione porti la firma di una Corte europea che dovrebbe tutelare i diritti dell'uomo. 
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