Ancora sulla Brexit: ecco la sua vera importanza

Mercoledì 29 Giugno 2016
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Egregio direttore, è migliore la democrazia rappresentativa o quella diretta? Questo mi sembra il quesito che si presenta ad ogni referendum in cui il popolo è chiamato a scegliere su un tema importante attraverso un sì o un no. Si dice giustamente che i temi importanti che riguardano la politica e l'economia di una nazione richiedono competenze specifiche. Anche i parlamenti democratici si avvalgono di commissioni (scelte tra i parlamentari e non) di esperti prima di deliberare. Oggi la tecnologia internet offrirebbe al popolo la possibilità di scegliere rapidamente su ogni tematica che un governo nazionale è chiamato a decidere. Sarebbe un bene o un male chiamare il popolo a decidere su tutto o quasi tutto? Sono del parere che sarebbe errore, anzi un gravissimo errore. Sappiamo che moltissime persone sono influenzate dagli slogan. Gli slogan sono comprensibili facilmente e dicono solo le cose a favore. Purtroppo i problemi sono complessi e richiedono conoscenze in varie materie che spesso un grande numero di cittadini ignora. Non voglio dire che gli esperti non sbagliano mai. Dico semplicemente che hanno meno probabilità di sbagliare rispetto a chi non ha conoscenze sufficienti.

Franco Vicentini

Caro lettore, forse la democrazia diretta può funzionare in qualche piccola comunità svizzera dove, ancora oggi, tutti i cittadini votano le più importanti decisioni per alzata di mano sulla pubblica piazza. Ma il governo democratico di un Paese con milioni di abitanti non può che fondarsi su un mix equilibrato di strumenti di democrazia rappresentativa e di democrazia diretta, come sono appunto i referendum. Il problema è un altro: è l’efficacia di una democrazia, cioè la sua capacità di dare rappresentanza alle istanze, ai malesseri, alle domande di cambiamento dei cittadini. Da questo punto di vista continuo a ritenere che il referendum (consultivo) non fosse lo strumento più adeguato per prendere una decisione così importante e dirompente come la Brexit e che sarebbe stato più giusto affidare questa scelta a una vera e propria campagna elettorale, in modo tale che chi vinceva aveva poi anche la forza parlamentare per dare concreta e rapida attuazione al pronunciamento popolare. Tuttavia, il voto di giovedì scorso, ha avuto un merito indiscutibile: fare emergere il profondo malessere e la forte domanda di cambiamento che attraversa la società non solo britannica ma europea. Un profondo sentimento di insoddisfazione che è, innanzitutto, il prodotto di una lunghissima crisi che ha modificato i rapporti sociali ed economici dei nostri Paesi assai più di quanto appaia in superficie. In larga parte le classi dirigenti europee sono state finora incapaci di cogliere la forza e l’importanza di questo malessere. Il voto sulla Brexit è stato un potente richiamo alla realtà. Speriamo che venga raccolto, aldilà dei destini della Gran Bretagna .
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