Ri-statalizzare Alitalia? La strada è in salita. E già vista

Mercoledì 26 Aprile 2017
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Caro direttore, 
Pianeta Alitalia: «Grazie all'ennesimo veto sindacale, che ha spinto oltre 6 mila dipendenti a votare no al referendum». Scusate la mia ignoranza.
Non capisco il motivo per il quale i dipendenti hanno sputato sul pane quotidiano; considerando che un sì avrebbe sbloccato un aumento di capitale da 2 miliardi di euro, che sarebbero serviti al rilancio della Compagnia.
Considerando i tempi che corrono, vorrei ricordare al mondo-Alitalia un vecchio proverbio, che così recita: Chi ha i denti non ha il pane, e chi ha il pane non ha i denti. 


Luciano Bertarelli
Rovigo


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Caro lettore,
il no al referendum sull'accordo sindacati-azienda in Alitalia si fonda sulla convinzione che la compagnia aerea non verrà nè fatta fallire nè verrà liquidata. I fautori del no sono convinti che Alitalia verrà salvata dallo Stato, cioè verrà ri-nazionalizzata. Temo per loro che si tratti di una mera illusione.
Il governo ha già dichiarato di non essere disponibile a seguire questa strada anche perché Alitalia è già costata molti miliardi ai contribuenti italiani (7,4 secondo alcuni calcoli) e un ulteriore sacrificio sarebbe difficile non solo da sostenere ma anche da giustificare.
Inoltre Alitalia è stata per anni gestita dal pubblico e oggi è nelle condizioni in cui è anche a causa degli errori, degli sprechi e delle eccessive concessioni sindacali che risalgono proprio a quel periodo. Che garanzia ci sarebbe oggi che Alitalia, tornando sotto il controllo pubblico, possa diventare una compagnia efficiente e competitiva? La statalizzazione rischierebbe in realtà di essere il prolungamento di un'agonia infinita pagata ancora una volta con i soldi dei contribuenti italiani.
Purtroppo la realtà è una sola: dopo il no al referendum le prospettive per Alitalia sono assai fosche e all'orizzonte non è facile intravedere le condizioni per un piano di rilancio sostenibile e credibile. Pubblico o privato che sia. 
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