MASERADA (TREVISO) Elia Fiorindi è sconvolto. Ha passato la prima notte in carcere senza chiudere occhio. Non si capacita di aver ucciso a coltellate Aymen Adda Benameur, il 17enne di Varago di Maserada trovato senza vita giovedì pomeriggio nel parchetto di via Primo maggio accanto al tendone della sagra, a due passi da casa. «Sì, sono stato io» ha detto il 18enne agli inquirenti, scagionando i due amici (i 17enni sentiti in caserma dal magistrato di turno subito dopo l’omicidio e in seguito rilasciati, ndr) con cui si era rifugiato prima alla gelateria Cremò e poi sotto la tettoia nel retro dell’hotel Dotto, a circa 300 metri dal luogo del delitto.
LE INDAGINI
La Procura di Treviso, sulla scorta anche delle dichiarazioni del killer, ritiene che l’omicidio sia maturato per questioni di droga. «Abbiamo litigato per l’hashish» ha riferito Elia. I contorni del delitto, come ha spiegato il suo legale, l’avvocato Luigi Torrisi, verranno delineati durante l’interrogatorio di convalida previsto per lunedì. E ulteriori elementi sulla colluttazione sfociata in omicidio verranno chiariti dall’autopsia, già disposta dal sostituto procuratore Davide Romanelli, titolare dell’indagine per omicidio volontario. Di certo c’è che i fendenti sul corpo di Aymen sono stati due: il primo all’addome, il secondo sul costato sinistro, verosimilmente quello mortale. L’arma del delitto, un coltello da cucina con una lama di una dozzina di centimetri, è stato trovato a qualche metro dalla vittima. Così come abbandonati sull’erba c’erano un panetto di hashish da 50 grammi e altri nove involucri di stupefacente da un grammo l’uno. Nelle tasche del killer, invece, sono stati rinvenuti 240 euro in contanti: si presume che siano il corrispettivo per la cessione della droga che il 18enne ha detto di aver acquistato da alcuni spacciatori stranieri a San Liberale. Elementi che andranno verificati, ma che in una prima ricostruzione collimano con quanto detto da Fiorindi, che era arrivato a Maserada in autobus da Treviso assieme ai due amici. Ad aspettarli c’erano la vittima e altri due coetanei. L’incontro è stato ripreso dalle telecamere esterne di un minimarket: le immagini sono già state consegnate ai carabinieri. Il delitto, però, si è consumato fuori dalla portata degli occhi elettronici, quando Aymen ed Elia erano da soli. Nessuno degli altri quattro ha assistito materialmente alla scena. A soccorrere per primi il 17enne sono stati i suoi due amici, mentre il terzetto ha abbandonato il campetto di via Primo maggio per darsi alla fuga. Le ferite erano troppo gravi per tentare di tamponarle: all’arrivo dei soccorsi, chiamati da alcuni residenti, per Aymen non c’era già più nulla da fare.
LE REAZIONI
La famiglia della vittima non riesce a darsi pace. E respinge l’ipotesi che il delitto sia maturato nell’ambito della droga. «Non infamate la memoria di mio figlio - grida il padre, che ha dato mandato all’avvocato Luciano Meneghetti di rappresentare lui e i suoi familiari - Vogliamo capire cosa sia successo e che il responsabile paghi per quello che ha fatto. Va fatta giustizia per Aymen». Il 17enne è infatti descritto come uno studente educato e rispettoso, lontano da brutti giri. Anche se su questo fronte si concentreranno le indagini: ieri i carabinieri sono stati a casa sua, e in camera non hanno trovato nulla di strano. Maggiori informazioni arriveranno dal cellulare di Elia Fiorindi, posto sotto sequestro. Da quanto emerge i due non si conoscevano, e l’appuntamento sarebbe stato fissato da conoscenti in comune. Cosa abbia scatenato l’ira di Elia è però ancora un mistero. E il perché abbia deciso di utilizzare un coltello nel corso di una banale lite tra adolescenti.
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