Terrorismo, arrestati 6 jihadisti in Italia. I pm: preparavano un attentato a Roma

Giovedì 28 Aprile 2016
Terrorismo, arrestati 6 jihadisti in Italia. I pm: preparavano un attentato a Roma
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L'ordine lo aveva ricevuto dal Califfato venti giorni fa, con un messaggio in «arabo classico» inviato sul suo cellulare tramite WhatsApp: «ascolta lo Sceicco, colpisci!(...) fai esplodere la tua cintura nelle folle dicendo 'Allah Akbar'». E alla richiesta di quella voce cantilenante che, con un «poema bomba», lo invitava a compiere un attentato in Italia, lui non avrebbe avuto intenzione di sottrarsi.

Ci sarebbero stati Roma e il Vaticano, sede dei pellegrinaggi dei cristiani, nel mirino di Abderrahim Moutaharrik, 27 anni, campione internazionale di kickboxing di origini marocchine, ma cittadino italiano, arrestato questa mattina all'alba a Lecco assieme a sua moglie Salma Bencharki, di due anni più giovane.

I due stavano organizzando il viaggio per la Siria dove, assieme ai figlioletti di 4 e 2 anni, sarebbero andati a 'combatterè nelle file dell'Isis. Lui avrebbe dato la propria «disponibilità a compiere le azioni terroristiche richieste, chiedendo soltanto che i figli potessero raggiungere lo stato islamico prima di passare all'azione».

 
 

Nell'operazione di oggi, coordinata dal procuratore aggiunto di Milano Maurizio Romanelli e dai pm Enrico Pavone e Francesco Cajani, gli uomini della Digos e del Ros hanno portato in carcere anche Abderrahmane Khachia, marocchino di 23 anni, residente in provincia di Varese e fratello di Oussama, foreign fighter morto 'martirè alla fine dell'anno scorso, e Wafa Koraichi, 24 anni appena compiuti. Fermata a Baveno, sulla sponda piemontese del lago Maggiore, la ragazza è sorella di Mohamed Koraichi, il marocchino di 31 anni che con la moglie italiana e di 8 anni più grande, Alice Brignoli, e ai loro tre piccoli, di 6, 4 e 2 anni, da più di un anno ha lasciato Bulciago, centro nel lecchese, per unirsi alle truppe dell'Isis. Anche la coppia è tra i destinatari dell'ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip milanese Manuela Cannavale, in cui emerge anche che prima della partenza i due «erano disoccupati e ricevevano sussidi statali ed aiuti dai loro genitori». Per tutti l'accusa è terrorismo internazionale in quanto, seppur con ruoli diversi, avrebbero fatto parte dell'organizzazione guidata da Al Baghdadi. L'indagine della Procura in realtà ha riguardato tre diversi filoni, confluiti in un unico provvedimento di arresto, in cui storie diverse si intrecciano. Si parte da quella di Oussama Khachia, espulso da Varese nel gennaio dell'anno scorso, poi rientrato dal Marocco in Svizzera e da lì di nuovo espulso. 

Arrivato nel Califfato ha combattuto per poi morire «da martire». Ed è per celebrare il suo martirio, ricostruiscono inquirenti e investigatori, che il fratello minore Abderrahmane con l'amico Moutharrik si convertono al jihadismo. Per i due comincia un percorso di «radicalizzazione» che, come emerge dalle intercettazioni di «elevatissimo allarme», annota il gip, assume contorni «altamente preoccupanti» in quanto, come ha detto anche il ministro Angelino Alfano c'era «un serio intento di colpirci». Il secondo poi, avendo «frequentato insieme la moschea di Costa Masnaga, nonchè l'associazione culturale 'La Tolleranzà di Lecco», è legato da «grande amicizia» anche a Koraichi, che, lasciato Bulciago, è in Siria con la prima moglie e i tre figli, e combatte «in nome di Allah». 

Da Daesh, Koraichi, dove nel rispetto dei doveri «di un musulmano ortodosso» si fa «carico dei problemi lasciati» dai martiri e sposa due vedove e adotta il figlio di una di loro (come testimonia per altro una foto agli atti dell'indagine con quattro bimbi che indossano tute mimetiche e puntano l'indice al cielo a simboleggiare l'esaltazione del martirio) manda via WhatsApp (uno dei modi principali per comunicare nella speranza di non essere intercettati) a Moutharrik almeno due messaggi dello Sceicco o Principe (non identificato). Messaggi in cui il pugile viene invitato a «colpire» a «combattere i cristiani, nemici di Dio e della religione» e, si legge sempre nel provvedimento del giudice, «ad agire, come lupo solitario nel territorio in cui si trova (in Italia, ndr), perchè 'un'unica operazione - dicono - ci soddisfa di più di decine di bombè, come tristemente verificatosi recentemente con plurimi attacchi terroristici a Parigi e Bruxelles». Infine le donne: dal quadro emerso dalle indagini non hanno un ruolo secondario. Le mogli avrebbero incitato i mariti a partire e condiviso con loro il progetto di arruolarsi. Infine c'è l'attività di Wafa Koraichi: era lei che, oltre a fare proselitismo, sarebbe stata interpellata e avrebbe procurato la «la tazkia» ai coindagati, una sorta di accreditamento necessario per diventare 'soldatò dell'Isis. Perchè ora, per evitare infiltrati, bisogna fornire al Califfato le credenziali per ottenere, dopo un'attenta valutazione, una sorta di autorizzazione per fare parte delle milizie del terrore.
 

Ultimo aggiornamento: 29 Aprile, 09:13 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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