Farnesina, Calenda o Fassino: a rischio le poltrone di Boschi e Giannini

Sabato 10 Dicembre 2016 di Mario Ajello
Farnesina, Calenda o Fassino: a rischio le poltrone di Boschi e Giannini
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ROMA Sono rimbalzate tutte le formule possibili di governo eventuale in questi giorni di crisi-lampo. Governo di responsabilità nazionale; governo di scopo; governissimo; governo-istituzionale; governo della non sfiducia. E invece, ecco il governo-fotocopia. Sul modello di quello di Giovanni Spadolini nel 1982, che guidò un esecutivo che aveva lo stesso organico di quello precedente. Durò tre mesi e otto giorni quel governo-fotocopia. Anche questo di Paolo Gentiloni, se sarà lui a guidarlo, presenterà poche innovazioni dal punto di vista dei nomi dei ministri. E' stato visto l'altro giorno, dopo il tracollo al referendum.

IL COLLOQUIO
Gentiloni recarsi nella stanza a Montecitorio dell'amico di una vita, Roberto Giachetti, e i due hanno parlato a lungo. Questo è bastato agli osservatori di Palazzo per dire che potrebbe essere l'ex candidato sindaco di Roma, e vice-presidente della Camera, il successore di Maria Elena Boschi al dicastero delle Riforme. Il che invece è improbabile. Mentre sembrerebbe certo che i ministri sacrificati, in questo passaggio dall'originale al governo- fotocopia, dovrebbero essere due donne: la Boschi, appunto, e Stefania Giannini, titolare dell'Istruzione. Le loro riforme, quella costituzionale e quella della scuola, sono state bocciate dagli italiani - anche se sulla legge Giannini non un referendum si è avuto ma una sorta di rivolta popolare che ha fatto dire a Renzi: «Abbiamo sbagliato più di qualcosa» - e il fallimento politico che le riguarda finirà per determinare anche la sorte di chi quelle iniziative di governo le ha condotte. Niente Boschi e niente Giannini. Mentre Giuliano Poletti e Marianna Madia - la cui riforma della Pubblica Amministrazione è stata bocciata dalla Consulta - sarebbero in bilico, ma dovrebbero salvarsi. 
Resta saldo al suo posto Graziano Delrio, volto gentile del renzismo. Le Politiche Agricole non subiranno turn-over, anzi il ministro Maurizio Martina - prezioso per gli equilibri interni del Pd - sembra essersi rafforzato. E ieri è stato convocato da Renzi ha Palazzo Chigi. Come accadeva nella Prima Repubblica, infatti, anche adesso si ripete uno schema tradizionale: le difficoltà nel partito che producono scelte nel personale di governo capaci di spegnere, o attenuare, gli incedi. Ecco perché Dario Franceschini e il guardasigilli Orlando resteranno al loro posto. Estrometterli dal governo avrebbe il significato di voler scatenare una guerra nel partito, e Renzi non ha la forza né la voglia per ora di mettersi contro due correnti importanti che i due ministri rappresentano. 

Nel caso dovesse entrare Piero Fassino nella squadra ministeriale, come titolare della Farnesina, suo sogno da sempre, la nomina rientrerebbe nella logica di dare qualcosa di più a Franceschini, visto che l'ex sindaco di Torino appartiene a quel gruppo. Agli Esteri, però, il più accreditato successore di Gentiloni parrebbe essere Carlo Calenda, prediletto di Renzi e apprezzato da tutti come ministro dello Sviluppo economico. O lui o l'altro, di sicuro la Farnesina non potrà restare sguarnita. E l'ipotesi di dare l'interim della politica estera proprio all'uscente Gentiloni sarebbe stata scartata su suggerimento di Mattarella, che ritiene fondamentale l'esistenza di un ministro a pieno titolo alla guida della diplomazia italiana in un momento così delicato per gli equilibri del mondo. 

C'è anche chi, ed è uno stretto amico di Gentiloni, ossia Michele Anzaldi, ha qualche perplessità sull'idea della fotocopia: «Va fatta un'ampia riflessione sui risultati del governo Renzi e su come ripartire. Non so se riproporre una squadra più o meno identica a quella del governo uscente, che gli italiani hanno mostrato di non aver troppo apprezzato, sia la scelta più azzeccata». In qualche modo, però, può anche essere una scelta comprensibile non solo per motivi politici. 

Perché di solito non è che ci sia la corsa a voler entrare in un governo che dichiaratamente nasce con la prospettiva di voler durare il meno possibile. Padoan, a meno che non si avrà la sorpresa di vedere lui e non Gentiloni a Palazzo Chigi, continuerà a fare il ministro economico: e dovrà gestire la difficile vicenda di Mps, oltre che garantire come ha fatto finora la credibilità dell'Italia in sede europea. Alfano e Lorenzin garantiscono l'appoggio di Ncd, che resta prezioso, e dunque rimangono al loro posto. Mentre Palazzo Chigi post-Renzi sarà ancora molto renziano nella figura chiave di Luca Lotti, in qualità di sottosegretario alla Presidenza del consiglio. 
Ultimo aggiornamento: 17:40 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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