Concordia, confermata condanna
a 16 anni per Francesco Schettino
A Meta urlano: «Sei uno di noi»

Martedì 31 Maggio 2016
Concordia, confermata condanna a 16 anni per Francesco Schettino A Meta urlano: «Sei uno di noi»

La Corte d'Appello di Firenze ha confermato la condanna a 16 anni di reclusione e un mese di arresto all'ex comandante Francesco Schettino per il naufragio della Costa Concordia, avvenuto il 13 gennaio 2012 davanti al porto dell'isola del Giglio, provocando la morte di 32 passeggeri e 110 feriti; i sopravvissuti sono stati 4197. La sentenza è stata letta dal presidente della Corte, Grazia D'Onofrio, al termine di una camera di consiglio durata otto ore. Alla lettura della sentenza, l'imputato era assente. Schettino non si è mai presentato alle udienze del processo d'appello ed anche oggi è rimasto nella sua casa di Meta di Sorrento. In appello, il sostituto procuratore della Procura generale distrettuale, Giancarlo Ferrucci, aveva chiesto 27 anni di reclusione e tre mesi di arresto. La sentenza del Tribunale di Grosseto è stata emessa l'11 febbraio 2015.

Schettino interdetto per 5 anni. Confermando la sentenza di condanna a 16 anni e un mese di arresto per il naufragio della Costa Concordia, la corte d'appello di Firenze ha inflitto però una pena accessoria più pesante per Francesco Schettino: l'interdizione per 5 anni da tutte le professioni marittime.

In primo grado l'interdizione, per 5 anni, era solo per l'attività di comandante di una nave, accompagnata anche dal divieto dell'uso del titolo di comandante. La corte ha così accolto una richiesta contenuta nel ricorso fatto dalla procura di Grosseto avverso alla sentenza di primo grado. La pena accessoria è stata inflitta in relazione all'imputazione di naufragio colposo.

Aumentati i risarcimenti. La corte d'appello di Firenze ha rideterminato per parte dei naufraghi le somme a titolo di risarcimento danni, aumentandole di una media di 15 mila euro a persona circa. Questo quanto stabilito nella sentenza emessa stasera dai giudici di secondo grado contro Francesco Schettino. Per il Comune del Giglio è stata confermata una provvisionale da 300.000 euro per il danno non patrimoniale. Soddisfazione parziale di alcuni legali di parte civile che hanno annunciato di voler proseguire nelle loro istanze per ottenere risarcimenti più consistenti.

Pm di Grosseto: no comment. Nessun commento ma palese soddisfazione tra banchi dell'accusa per la sentenza di secondo grado nei confronti di Francesco Schettino. Il sostituto procuratore generale Giancarlo Ferrucci non ha voluto rilasciare alcuna dichiarazione. I pm di Grosseto Alessandro Leopizzi e Maria Navarro, pubblica accusa al processo di primo grado, presenti a palazzo di giustizia di Firenze, si sono limitati a dire ai giornalisti di osservare la soddisfazione che avevano sul volto. 

 
 

L'attesa di Schettino. Francesco Schettino, ex comandante della Costa Concordia, ha atteso la sentenza nella sua casa di Meta di Sorrento. Da mezzogiorno, quando la Corte d'Appello di Firenze si è ritirata in camera di consiglio, Schettino si è sentito più volte al telefono con il suo avvocato Domenico Laino, presente al palazzo di giustizia del capoluogo toscano. Pensava di uscire stamane a prendere un caffè nel bar principale di Metà ma, essendo la sua casa presidiata da giornalisti e fotografi, ha desistito; il comandante Francesco Schettino è così rimasto a casa sua, nel vicoletto San Cristofaro al numero 10. «Non parla, non lo farà, ha demandato tutto ai suoi avvocati» fa sapere chi gli sta vicino. «Ha scelto un profilo basso e attende fiducioso la sentenza» si aggiunge. A Firenze c'è stato uno dei suoi avvocati, Donato Laino. L'altro, Saverio Senese, è rimasto a Napoli in attesa di conoscere la sentenza. Quando è arrivata la notizia a Meta, una ragazza su un'auto che è transitata davanti alla casa dell'ex comandante ha urlato: «Schettino uno di noi».

Il sindaco di Meta. «Rispetto delle sentenze e della magistratura»: così Giuseppe Tito, sindaco di Meta ha commentato la sentenza di conferma della condanna a 16 anni di reclusione per il naufragio della Concordia a Francesco Schettino, l'ex comandante della nave. «Certo per come è iniziata questa triste storia poteva andare peggio per Schettino. Sono certo che i suoi avvocati sapranno come muoversi» ha aggiunto il primo cittadino. Chi è vicino a Schettino ipotizza che ci sarà il ricorso in Cassazione. «Probabilmente ci sono state delle prove che non sono state adeguatamente valutate» affermano le stesse fonti, ma per trarne conclusioni si dovranno leggere le motivazioni che hanno portato alla condanna.

La difesa: vogliamo capire. «Non c'è nessun commento da fare, fra tre mesi leggeremo le motivazioni della sentenza e allora commenteremo. Vogliamo capire come mai la Corte è arrivata a confermare la condanna». Sono state queste le prime parole dell'avvocato Donato Laino, difensore di Francesco Schettino, alla sentenza della Corte d'Appello che ha confermato la condanna a 16 anni di reclusione e un mese di arresto per il naufragio della Costa Concordia. Il difensore ha comunicato la sentenza con una telefonata al suo cliente. «Qual è lo stato d'animo di Schettino? Amareggiato? Vi potete immaginare», ha risposto Laino ai giornalisti. «La sentenza non ha tenuto in conto le nostre argomentazioni». «Ci aspettavamo qualsiasi cosa. L'importante è avere la coscienza a posto», ha aggiunto Laino. «Ora però sarà importante leggere le motivazioni per capire cosa è successo».


La storia del naufragio. 13 gennaio 2012 la Costa Concordia era in navigazione da Civitavecchia a Savona. Era una crociera nel mar Mediterraneo della compagnia Costa Crociere, un itinerario di successo tra la clientela, anche in mesi invernali. A bordo, tra passeggeri e membri dell'equipaggio, 4.229 persone. Il comandante Francesco Schettino ordinò una rotta ravvicinata all'Isola del Giglio, per motivi turistici, e delegò la plancia di comando a seguirla mentre era a cena in un ristorante della nave. Quando Schettino andò a riprendere il comando, la nave era sulla rotta sbagliata, puntava l'isola e solo all'ultimo istante, notando il riflesso di scogli affioranti, tentò un manovra correttiva che però non ebbe esito positivo. L'urto fu alle 21.45, di sera. Si parlò di 'inchinò ma l'intenzione era di una navigazione parallela per 'salutarè l'isola e le sue luci. Le rocce squarciarono l'acciaio, la nave andò fuori controllo, scarrocciò nella baia davanti all'isola e poi, spinta da un vento di grecale e dalle correnti, si adagiò su un fianco davanti al porto del Giglio. Nell'urto non morì nessuno, ma nelle ore successive 32 persone non uscirono vive dalla Concordia, bambini compresi. Gli altri si misero in salvo, graziati dalla vicinanza dell'isola che si mobilitò nei soccorso. I soccorsi proseguirono anche nei giorni successivi. Non tutti i dispersi morirono. A distanza di tempo furono trovati ancora vivi una coppia di giovani sposi coreani ed il commissario di bordo Manrico Giampedroni con una gamba fratturata. Invece il comandante della nave Francesco Schettino venne fermato poche ore dopo il naufragio sull'isola. Fu portato in carcere. Scarcerato, da allora è impegnato a far valere una sua verità che - in base ai riscontri tecnici emersi nel tempo - gli fanno attribuire colpe importanti agli ufficiali che si trovarono in plancia di comando quella sera, che secondo lui non lo avvisarono per tempo della rotta verso l'isola, e al timoniere indonesiano che per incomprensioni linguistiche equivocò l'ultimo ordine decisivo, dato da Schettino in inglese, virando dalla parte opposta al necessario.

Ultimo aggiornamento: 2 Giugno, 13:18 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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