È morto Dario Fo.
Figlio di Felice, ferroviere socialista, Dario nasce il 24 marzo del 1926 a San Giano, un paese sul Lago Maggiore e trascorre i primi anni della sua vita girovagando per seguire le diverse sedi a cui viene assegnato il papà, tra favole e storie di viaggiatori e artigiani, quegli affabulatori di paese che più volte ringrazierà per aver ispirato il suo percorso espressivo. Importante per Dario il rapporto con la madre, Pina Rota, donna creativa e di gran personalità che negli anni Settanta affiderà la sua vita al romanzo autobiografico Il paese delle rane. Dopo aver studiato all’Accademia delle Belle Arti di Brera a Milano, Fo inizia a lavorare in Rai come autore. Debutta in teatro nella compagnia di Franco Parenti con cui portò in scena, al Piccolo di Milano, Il dito nell’occhio (in scena anche Giustino Durano). I tre tornarono poi al Piccolo qualche anno dopo con I sani da legare, incontrando di nuovo – come presto divenne naturale per Fo – critiche feroci e tentativi censori. L’incontro con Franca Rame, nel 1951, è determinante per Dario. Per l’uomo e per l’artista. «Franca, la ragazza bellissima, esuberante, corteggiata e dalla pelle di luna che m’ha aspettato dietro le quinte di un teatro, m’ha attirato a sé, e m’ha baciato. Era di una tale bellezza… tutti ne erano pazzi», ha detto Fo. Dopo il matrimonio (1954) e la nascita di Jacopo (1955), la coppia Fo-Rame comincia a raccogliere successi. Insieme interpretano anche un film, Lo svitato, per la regia di Carlo Lizzani. E la popolarità cresce tanto che nel’62 alla coppia viene affidata la conduzione del programma tv per famiglie Canzonissima. Sabato sera, prima serata. I testi presentati sono a sfondo sociale, di denuncia: si parla di morti bianche, di diritti delle donne… Gli interventi di controllo della Rai si fanno tanto frequenti e invasivi che i due artisti scelgono di lasciare la televisione per affidare le proprie storie al palcoscenico. Dovranno passare quindici anni prima che Fo e Rame siano “riammessi” in tv.
Ed è proprio in un teatro, a La Spezia, il 1 ottobre del 1969, che Dario Fo presenta per la prima volta quello che poi fu il suo successo planetario Mistero Buffo, un monologo che propone una rielaborazione di antichi testi giullareschi in grammelot. Come già accadeva nella Commedia dell’Arte, Fo reinventa qui un linguaggio che “suona”, riproducendo ritmo e intonazione dei dialetti della Pianura Padana.
Costante, in tutta la produzione di Fo, l’impegno politico. Il teatro, per lui, non poteva che essere specchio della società. E allora, tra gli altri, ricordiamo Morte accidentale di un anarchico, pièce ispirata alla morte di Giuseppe Pinelli; Non si paga non si paga, Il Fanfani rapito, Clacson, trombette e pennacchi.
La sua militanza nei gruppi extraparlamentari di estrema sinistra si è concretizzata in azioni, interventi, battaglie per tutta la sua vita. Ed ogni volta che uno spettacolo veniva sospeso per intervento della censura, l’episodio lo divertiva e ispirava un nuovo testo, una nuova battaglia. E intanto, nel 1975, il suo nome appare per la prima volta tra i possibili Premi Nobel.
Dagli anni Ottanta i testi di Fo- Rame cominciano ad essere rappresentati in tutto il mondo, Londra, New York. Nel 1984 in Germania quaranta compagnie portano in scena titoli della coppia.
Molteplici le prove di scrittura degli ultimi venti anni legate all’attualità del nostro Paese che sollevano polemiche e querele: ricordiamo Ubu rois, Ubu bas e Anomalo bicefalo “dedicate” a Silvio Berlusconi.
«Viviamo in un mondo devastato – ha implorato recentemente Fo con passione - che, nella prossima fase, vedrà altre tragedie perpetrate da chi ha il potere assoluto. Coloro che controllano l’economia, la finanza, la politica; coloro che hanno il controllo totale sull’esistenza di uomini e cose, persino su come si muove il creato; quelli che possono decidere di corrompere l’acqua e l’aria e nessuno li può fermare... I regnanti, insomma. Se loro fossero uomini di cultura, se studiassero, saprebbero dove sta portando tutto questo e non sarebbero capaci di arrivare a tali scempi, tali compromessi infami...».
Ateo e anticlericale, Fo ha dichiarato che, negli ultimi tempi, incontrava sua moglie Franca tutte le notti. E forse, così come lei si è spenta tra le braccia di suo marito, Dario ha sognato di fare lo stesso.