Consip, l'ad Marroni sentito in procura per 7 ore. Fu lui a tirare in ballo Tiziano Renzi

Giovedì 8 Giugno 2017 di Sara Menafra
Luigi Marroni (Ansa)
È durata circa sette ore in Procura, a Roma, l'audizione dell'amministratore delegato di Consip, Luigi Marroni. All'atto istruttorio hanno preso parte il procuratore Giuseppe Pignatone, l'aggiunto Paolo Ielo e il sostituto Mario Palazzi. L'alto dirigente viene ascoltato come persona informata sui fatti in relazione alla fuga di notizie sull'indagine sui vertici della centrale di acquisto della pubblica amministrazione.

Il manager, secondo quanto si è appreso, non avrebbe modificato la versione fornita nel dicembre scorso ai pm di Napoli circa le modalità con cui apprese di una inchiesta della magistratura su centrale di acquisti della pubblica
amministrazione


Marroni è stato il primo ad ammettere a verbale, quando l'inchiesta era ancora nelle mani della Procura di Napoli, di aver saputo già questa estate che il suo telefono era intercettato per una indagine.
Sulla base delle sue ammissioni sono stati iscritti al registro degli indagati il generale Emanuele Saltalamacchia, comandante della Legione Toscana, e il comandante generale dell'Arma Tullio Del Sette.


Era stato sempre Marroni a tirare in ballo il padre dell'ex premier, Tiziano Renzi che, diceva a verbale, gli suggerì di ascoltare l'imprenditore suo amico Carlo Russo.

Intanto i telefonini cellulari di Alessandro Sessa, vicecomandante dei carabinieri del Noe indagato per depistaggio nell'ambito dell'inchiesta della procura di Roma su Consip, sono stati sequestrati nei giorni scorsi, in concomitanza con la notifica dell'invito a comparire per l'interrogatorio svolto ieri pomeriggio. I telefonini saranno sottoposti a una consulenza per il recupero di sms e whatsapp. Gli inquirenti approfondiranno il tema delle comunicazioni tra il numero 2 del Noe e il capitano Gian Paolo Scafarto, indagato per falso. Allo stato chi indaga è in possesso solo dei messaggi di Scafarto. Ed è proprio uno di questi, del 9 agosto 2016, ad aver determinato il coinvolgimento di Sessa nell'inchiesta, con particolare riferimento alla fuga di notizie. «Signor colonnello - è scritto - sono due giorni che io penso continuamente a queste intercettazioni e alla difficoltà di portare avanti queste indagini con serenità. Credo sia stato un errore parlare di tutto col capo attuale e continuare a farlo. La situazione potrebbe precipitare con la fuga di notizie».

A Sessa è contestato il reato di depistaggio per non avere detto la verità ai magistrati di Roma quando, a inizio maggio, è stato ascoltato come testimone. Il numero 2 del Noe aveva, infatti, riferito di aver comunicato al suo capo, che gli inquirenti nell'invito a comparire individuano nel comandante del Noe Sergio Pascali, dell'esistenza dell'indagine dopo il 6 novembre 2016, alla luce di alcuni articoli di stampa in cui si parlava di una indagine che coinvolgeva anche Tiziano Renzi. Secondo i pm quella comunicazione sarebbe invece avvenuta nell'estate precedente, poco prima della prima fuga di notizie.
Ultimo aggiornamento: 9 Giugno, 00:43 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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