Senato, caos in commissione Affari costituzionali: partiti divisi, salta l'elezione del presidente

Giovedì 30 Marzo 2017
Senato, caos in commissione Affari costituzionali: partiti divisi, salta l'elezione del presidente
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Stop dei lavori per la commissione Affari Costituzionali del Senato che ieri non è riuscita ad eleggere il nuovo presidente. Tutto precipita quando buona parte dei commissari è pronta a votare Salvatore Torrisi (Ap), vicepresidente e di fatto reggente della commissione dal 12 dicembre quando Anna Finocchiaro giura come ministro del governo Gentiloni, ma il tavolo salta per un «accordo tra Pd-FI e Gal», subito «denunciato» da Roberto Calderoli. «Il Pd - dichiara il vicepresidente del Senato - non potendo far eleggere un suo candidato, preferisce, trovando sponda in FI e Gal, far slittare il voto».

È «comprensibile» che il Pd, «non avendo i numeri», scelga di posticipare, commenta, ma è «incomprensibile che abbia trovato sponda in FI e Gal».
E, a riprova della sua tesi sul «complotto» subito ribattezzato «Zandareno», esibisce la lettera del capogruppo di Gal, Mario Ferrara, in cui ammette di avere un uomo in più in commissione (il 7 marzo Mario Mauro è tornato al gruppo di FI e pertanto Gal dovrebbe avere in prima commissione un solo esponente e non due: Paolo Naccarato e Gaetano Quagliariello). L'«irregolarità» fa saltare la votazione, ma scatena la protesta delle opposizioni che con Mazzoni di Ala in primis denunciano che così non si può continuare a lavorare. «Se c'è un'irregolarità per votare il presidente - dichiara la capogruppo del Misto Loredana De Petris - allora c'è su tutto».


E i commissari incrociano le braccia e si appellano al presidente del Senato Grasso affinché intervenga per sanare la questione. Grasso interviene subito scrivendo una lettera a Ferrara nella quale gli chiede di togliere l'uomo in più altrimenti ci penserà lui. Grasso aveva già scritto il 16 marzo a Ferrara, ma questo, si commenta, aveva fatto «orecchie da mercante» anche perché i «suoi» sono uno di maggioranza (Naccarato) e uno di opposizione (Quagliariello) e la scelta in una commissione che potrebbe arrivare a breve a occuparsi di legge elettorale non è cosa da poco. In realtà secondo Lega e SI, Ferrara avrebbe «retto il gioco al Pd» (aiutandolo a far saltare il voto visto che non aveva i numeri per far eleggere il suo candidato, Franco Mirabelli) in cambio di un «aiutino» per far eleggere il proprio candidato Giovanni Mauro a segretario d'Aula. Cosa che puntualmente avviene in serata: Mauro incassa 126 voti.

«Macché complotto - sbotta Francesco Russo (Pd) - la prossima settimana la questione si risolverà eleggendo un nuovo presidente della commissione. Tutto qui». Ma la cosa non si annuncia facile visto che il Pd sembra diviso su vari punti: sull'«asse che si sarebbe ricreato tra renziani e Verdini», con quest'ultimo che prova a far eleggere anche il suo candidato Pietro Langella a segretario d'Aula, ma senza riuscirci (30 voti). E sul fatto che al vertice della commissione aspirino anche i Dem Giorgio Pagliari e Roberto Cociancich. Infine sulla commissione d'inchiesta banche che Renzi vuole e Zanda no. Bracci di ferro che non fanno ben sperare anche perché il Pd in commissione ha numeri ristretti.
Ultimo aggiornamento: 14:54 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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