Quirinale e premier blindano il ministro
ma pesa linea dura del caso Idem

Domenica 3 Novembre 2013 di Marco Conti
Quirinale e premier blindano il ministro ma pesa linea dura del caso Idem
Spinto dal Quirinale e dalla tenacia del ministro, palazzo Chigi fa quadrato sulla Cancellieri consapevole che, comunque vada, dovr leccarsi le ferite per il colpo d’immagine e di credibilit.

Il passaggio in aula del Guardasigilli, previsto per marted, non si annuncia come un atto pi o meno formale e la crescente insofferenza per le larghe intese dei due principali partiti della maggioranza, rischia di tramutare la vicenda delle telefonate umanitarie in un potente detonatore.

Spinto dal Quirinale e dalla tenacia del ministro, palazzo Chigi fa quadrato sulla Cancellieri consapevole che, comunque vada, dovrà leccarsi le ferite per il colpo d’immagine e di credibilità.

L’interessata è pronta a combattere, anche se ad Enrico Letta ha messo a disposizione il mandato concludendo la lunga telefonata con un lapidario «valuta tu se sono un peso».



MINIMIZZA

Vista la situazione interna ai due principali partiti, malgrado l’irritazione per l’ennesimo imprevisto, il presidente del Consiglio attende il dibattito in Parlamento prima di decidere se e come il destino della Cancellieri possa influire sulla tenuta dell’esecutivo. Il momento è particolarmente complicato se si considera che l’audizione del ministro della Giustizia in Parlamento avviene alla vigilia del tour dello stesso Letta tra i gruppi parlamentari di Pd, Pdl e Scelta Civica per contenere le modifiche alla legge di stabilità. Al congresso del Pd, e alle tensioni interne al Pdl, si sommeranno quindi dopodomani gli interventi che in aula seguiranno la spiegazione che fornirà direttamente il ministro della Giustizia. Argomenti che potrebberp essere giudicati insufficienti, se dovesse limitarsi a quanto sostenuto ieri dalla stessa Cancellieri al termine del suo intervento al Congresso dei Radicali italiani. L’invito «a non minimizzare» del responsabile giustizia del Pd Danilo Leva è il segnale che a largo del Nazareno si aspettano spiegazioni più convincenti. Soprattutto laddove il ministro sostiene di essere intervenuta in molte altre occasioni per tutelare la salute di detenuti molto meno noti di Giulia Ligresti.



La cautela con la quale solo ieri palazzo Chigi ha deciso di prendere carta e penna, conferma l’imbarazzo che c’è nel governo. La «chiarezza» reclamata indirettamente da Letta con la nota diffusa ieri significa che le parole del procuratore Caselli non bastano a sottrarre il ministro dall’esigenza di spiegare che «non esistono detenuti di serie A e detenuti di serie B». La grinta mostrata ieri dal ministro dovrà quindi essere supportata da fatti e circostanze che dovranno tener conto anche di eventuali particolari che potrebbero emergere nei rapporti tra la famiglia Cancellieri e la famiglia Ligresti.

La mancata appartenenza della Cancellieri ad uno dei partiti della maggioranza costringe il presidente del Consiglio e il Quirinale ad una maggiore esposizione. Nel Pd c’è chi è pronto a ricordare a Letta che il partito al quale appartiene non si è opposto quando è stata chiesta la testa di Josefa Idem che si è dimessa da ministro ”colpevole” di aver eluso una rata dell’Imu. Pronti all’affondo sono i deputati che fanno riferimento a Matteo Renzi, ma anche l’attuale segreteria del Pd, guidata da Guglielmo Epifani, non sembra disposta ad avallare il dubbio che si usino due pesi e due misure confermando quanto nel partito sia minoritaria la tesi del senatore Luigi Manconi.



DIFESA

Problemi non da poco per Letta anche sul fronte Pdl. «Io difesi Josefa Idem allora, e oggi difende la Cancellieri», ricorda Daniele Capezzone. Malgrado la voglia di urne, difficilmente i falchi del Pdl convergeranno sulla mozione di sfiducia presentata dal M5S, ma in aula promettono un fuoco di fila che investirà la Cancellieri non per le telefonate fatte, quanto per essere un ministro della Giustizia che di fatto avvallerebbe la differente valutazione che viene data tra la sua telefonata e quella, «altrettanto umanitaria», fatta da Berlusconi per «proteggere Ruby». Un intreccio di assoluzioni e accuse, per non essere riuscito nella missione di «pacificare il Paese», che rischia di riportare al centro della scena proprio l’argomento che più sta a cuore a Silvio Berlusconi: la giustizia e il suo «uso politico».



Un tema sul quale nel Pdl, divenuto ormai Forza Italia, la divisione tra falchi e colombe o tra lealisti e innovatori non funziona più dopo i recenti incontri tra Alfano e il Cavaliere. E’ per questo che premier e vice premier puntano a chiudere l’accordo sulla legge di stabilità prima del voto sulla decadenza del Cavaliere. Un calendario che ora rischia di mutare per il riaccendersi dello scontro sulla giustizia innescato dal caso Cancellieri-Ligresti e per la fretta con la quale Berlusconi intende riprendersi la guida del partito.
Ultimo aggiornamento: 13:46 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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