Roma, Maria Clara non parla e non cammina: per lei non c'è un posto in tutto il Lazio

Martedì 13 Giugno 2017 di Alessia Marani
Roma, Maria Clara non parla e non cammina: per lei non c'è un posto in tutto il Lazio
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Maria Clara non parla e non cammina più da quando aveva 12 anni. Guarì da una leucemia ma entrò in coma con danni irreparabili al cervello. I sanitari all’epoca (era il '74) la rimandarono a casa dalla famiglia: «Sopravviverà sì e no un paio di mesi», dissero lavandosene le mani, invece proprio ieri Maria Clara ha compiuto 55 anni, eppure rischia di rimanere ancora una volta senza cure, di essere di nuovo abbandonata. Perché  in tutto il Lazio non c’è una struttura residenziale intensiva di livello R1 con assistenza medica h24 con posti liberi in grado di accoglierla. Nemmeno a Roma, nella Capitale, dove abita con i genitori ultraottantenni. Solo per pietà ieri, martedì mattina, i medici del Nomentana Hospital non l'hanno dimessa dandole una proroga di "sfratto" al 22 giugno. Altrimenti sarebbe finita chissà dove o di nuovo a casa, senza cure adeguate, ad aspettare di morire. "Mi chiedo quante altre Clare esistano e non hanno un posto dove andare come mia sorella - denuncia Cristiana, la sorella più piccola  - Il 25 maggio si è riunita la commissione medica ospedaliera che ha stabilito che ha bisogno di cure mediche e di assistenza h24, ossia del ricovero più specializzato di livello R1. Ma non c’è posto. In tutto il Lazio ce ne sono al massimo 150, tutti occupati. Seppure mia sorella ha un diritto non può esercitarlo, è un diritto che finisce nel vuoto, che si scontra con la realtà dei fatti. Sappiamo che c'è una lista d'attesa, ma l'attesa rischia di essere infinita per questo tipo di malati. È un vicolo cieco». 

CORSA CONTRO IL TEMPO
Dalla Regione spiegano: "A Roma e provincia effettivamente mancano posti di questo genere, ma ci sono strutture accreditate al momento tutte piene. La questione è nota e ci siamo impegnati pee risolverla. La nostra richiesta è stata accolta e con il decreto 187 abbiamo già avviato le procedure di ampliamento dei posti accreditati che, a breve, diventeranno operativi". Ma per Maria Clara rischia di essere comuqnue troppo tardi. La burocrazia (seppure necessaria a evitare irregolarità e sprechi) ha i suoi tempi.

SOGNAVA DI FARE LA PEDIATRA
Maria Clara da bambina sognava un futuro da pediatra. «Era bravissima a scuola - ricorda la mamma - in terza elementare la scuola mi chiamò per dirmi che era molto più intelligente degli altri e, quindi, dopo un esame la promossero direttamente in quinta». Cristiana, che oggi ha 48 anni, e vive a Roma Nord, ricorda ancora benissimo quel giorno in cui la sorella entrò in coma: «Era in cura per la leucemia  - dice - guarì ma prima di essere dimessa i medici di turno le interruppero bruscamente la terapia cortisonica provocandole un’emorragia cerebrale. Maria Clara doveva morire di lì a poco e papà e mamma la riportarono a casa. Invece, da allora, parliamo con gli occhi, muove la testa, si fa capire. Siamo cresciute insieme, lei è una parte di me e io di lei. Ultimamente però è peggiorata». 

I RICOVERI
A marzo Maria Clara ha problemi allo stomaco. I familiari chiamano il 118 che la porta al Policlinico Gemelli dove le viene diagnosticata una cirrosi epatica. Dopo circa un mese viene trasferita in post-acuzie al Nomentana Hospital di Tor Lupara. «Pensavamo che poi avremmo potuto ricoverarla in una residenza assistita post-acuzie - conclude Cristiana - invece c’è bisogno di un altro tipo di struttura, più qualificata. Che cosa succederà ora? Alla Asl ci hanno persino consigliato che sarebbe meglio che la commissione rivedesse il suo giudizio "al ribasso" perché così sarebbe più facile trovarle un ricovero. Ma si può decidere di una vita umana in questo modo? E ripeto: quante altre Clara ci sono che aspettano e parcheggiate chissà dove? Qunte altre famiglie come la nostra sono lasciate sole?». 
Ultimo aggiornamento: 14 Giugno, 09:13 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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