Milano, morto dopo una caduta in casa, l'autopsia rivela: è stato un omicidio

Mercoledì 10 Febbraio 2016
Milano, morto dopo una caduta in casa, l'autopsia rivela: è stato un omicidio
La morte di Maurizio Pozzi non è un incidente domestico, una fatalità causata da una caduta accidentale in camera da letto. L'autopsia ha svelato che si tratta di un brutale omicidio, di un giallo dai contorni ancora indecifrabili e che parte da un dato che non lascia dubbi: il 69enne aveva otto ferite alla testa causate da un oggetto contundente non ancora individuato usato con una forza tale da spaccargli la teca cranica.

Uno scenario molto diverso da quello tracciato in un primo momento, quando si era parlato di un unico trauma che, per quanto terribile, avrebbe potuto essere compatibile con una caduta. L'uomo è stato trovato dalla moglie venerdì pomeriggio rientrando in casa in via Carli, a Milano. Era a terra, privo di sensi tra il letto e l'armadio, con una ferita alla testa e in una pozza di sangue. Alle 19.20 la donna ha chiamato i soccorsi, i paramedici lo hanno trascinato in corridoio per avere più spazio di manovra, hanno provato a rianimarlo ma sono stati costretti a trasportarlo all'ospedale Niguarda dove è entrato in sala operatoria senza mai riprendere conoscenza e dove è morto attorno a mezzanotte. Fino a quel momento non c'erano elementi chiari per parlare di un omicidio ma gli agenti della Squadra mobile hanno lavorato per congelare la scena in attesa dell'autopsia. «La casa era in perfetto ordine, sembra non manchi nulla ma la moglie non ha ancora fatto un inventario preciso - ha detto all'ANSA il capo della Mobile, Alessandro Giuliano - . La scena è stata 'naturalmente inquinatà dall'intervento dei soccorritori che pensavano giustamente a salvare una vita. Non potevamo avere subito la certezza del numero di ferite perchè Pozzi è stato operato e suturato, dunque abbiamo dovuto ricostruire assieme ai medici lo stato al momento del ricovero».

Ogni perplessità è stata spazzata via dall'autopsia: teca cranica sfondata da otto colpi, di cui 2-3 mortali; lesioni che avrebbero dovuto lasciare evidenti tracce nell'appartamento, mentre la camera da letto era immacolata come se fosse stata accuratamente ripulita. Pozzi era un commerciante conosciuto nel quartiere di Affori, aveva aperto quasi 50 fa un negozio di scarpe in via Pellegrino Rossi e lo gestiva assieme alla figlia e alla moglie. Con quest'ultima viveva in via Carli, a circa un chilometro e mezzo, in un appartamento al terzo piano di un palazzo. Gente tranquilla, rispettata da vicini e conoscenti. Venerdì Pozzi ha lasciato il negozio mezz'ora prima della consorte; una sua abitudine, secondo quanto riferito dalla moglie. È salito al piano con una vicina di pianerottolo che agli investigatori ha detto che saranno state le 18.45. L'allarme è scattato alle 19.20, quando la moglie è rientrata in casa. Ha detto che la porta era chiusa ma le chiavi non erano nella toppa (erano comunque in casa). L'assassino ha avuto pochissimo tempo, il che restringe il campo delle possibilità. Potrebbe aver avuto una copia delle chiavi e aver atteso la vittima in casa oppure potrebbe aver suonato alla porta. In entrambi i casi è probabile che Pozzi conoscesse l'assassino: se il 69enne avesse visto uno sconosciuto in casa probabilmente avrebbe gridato, ma nessuno dei vicini ha udito rumori in quei minuti.

Gli investigatori non escludono nulla, verificano anche le condizioni finanziarie della famiglia. «Non navigavano nell'oro ma non erano neppure disperati - ha spiegato Giuliano - La loro situazione patrimoniale è simile a quella di tanti commercianti e non solo.
Non risultano minacce o altro. In ogni caso, già nelle ore successive al ritrovamento, abbiamo ascoltato famigliari e conoscenti». È una procedura standard, eppure la sensazione è che la verità potrebbe arrivare scavando proprio tra le persone più vicine.
Ultimo aggiornamento: 11 Febbraio, 17:07 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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