Il killer dopo l'arresto: «Stavolta vado in galera per sempre»

Sabato 21 Maggio 2016
Il killer dopo l'arresto: «Stavolta vado in galera per sempre»

Una sola telefonata poteva fare, dopo la cattura, e l'ha fatta al genero, visto che la figlia Caroline non vuole più saperne di lui: «Se vuoi dirlo a mia figlia, mi hanno preso.

Stavolta torno in galera per sempre». Filippo De Cristofaro, il killer del catamarano, sa benissimo che quando tornerà in Italia, dopo l'estradizione dal Portogallo, non ci saranno più permessi premio nè tantomeno carceri a «regime aperto», quelli per i detenuti meno pericolosi, dai quali poter evadere. Per questo, l'uomo che nel giugno del 1988 massacrò a colpi di machete Annarita Curina, per rubarle il catamarano "Arx" e fuggire in Polinesia con l'amante e complice Diana Beyer, da ergastolano latitante ha sempre cercato di diventare "invisibile", pur nel suo peregrinare fra Italia, Albania, Francia e Portogallo. Discreto e prudente, ma non abbastanza da ingannare all'infinito la Squadra mobile di Ancona, lo Sco e la Polizia giudiziaria portoghese, che alla fine l'hanno arrestato a bordo di un treno per Lisbona.
 
Gli investigatori hanno completato il sopralluogo nel rifugio di Galamares, una casa di campagna a pochi chilometri da Sintra, ma non hanno trovato granchè: pochi abiti, niente denaro, un fornelletto da roulotte e un piccolo armadio. È però soprattutto su complici e favoreggiatori del Rambo dei mari che si concentrano le indagini. La misteriosa donna portoghese di circa 50 anni che pranzò con lui ed un vecchio conoscente francese (ignaro dell'evasione) in un ristorante del Portogallo, il pregiudicato albanese conosciuto in carcere prima della fuga da Portoferraio del 2014, che gli avrebbe procurato il passaporto falso intestato ad Andrea Bertone, un documento molto ben contraffatto, che De Cristofaro andò a ritirare a Milano. Nel mirino della polizia ci sono anche altri malavitosi albanesi «di un certo spessore», e detenuti o ex detenuti romeni: persone che "Pippo" ha incontrato nei suoi soggiorni nei carceri di mezza Italia, da Busto Arsizio a Opera, da Ancona a Rebibbia, a Porto Azzurro. Gente che potrebbe averlo aiutato per denaro o in cambio di altri favori.

E qui le ipotesi si moltiplicano, in un gioco di specchi con le tante personalità di De Cristofaro: secondo alcune fonti "Rambo" avrebbe vissuto di espedienti, lavoretti per tirare avanti, magari l'aiuto di qualcuno che gli vuole ancora bene e potrebbe avergli spedito con un money transfer parte dei 5.900 euro che aveva in tasca al momento della cattura. Per altri invece, come il dirigente della Mobile dorica Virgilio Russo, «sulle sue entrate De Cristofaro ci ha senz'altro raccontato una serie di falsità, a cominciare dalla frase "a me basta poco per vivere"». Le domande sono tante, e non è affatto detto che quando verrà rimpatriato (prima tappa il carcere di Rebibbia, poi il giudice per l'esecuzione della pena di Milano e il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria decideranno in quale istituto rinchiuderlo) Pippo racconterà qualcosa che assomigli alla verità.

Ultimo aggiornamento: 23 Maggio, 15:23 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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