dal nostro inviato
S. AGATA SUL SANTERNO (RAVENNA) Il rumore dell’acqua che scroscia dalla doccia si fa insopportabile: ricorda l’ondata del fiume, il tonfo nella notte buia delle auto e dei cassonetti dell’immondizia che mulinellano e poi sbattono sulle pareti delle case.
Flashback delle urla disperate dei vicini (vedi ad esempio il caso di Faenza, ndr) rimbombano nella testa, il senso di impotenza è opprimente... Gli Sos dei cittadini emiliano-romagnoli coinvolti nell’alluvione agli psicologi dell’emergenza sono continui. I team messi in campo dalle Ausl e dall’associazione italiana Per l’Emdr (acronimo di Eye Movement Desensitization and Reprocessing, un approccio terapeutico per l’elaborazione di traumi e stress psicologici) nelle zone più colpite erano in campo già dopo nemmeno 12 ore dall’alluvione.
È la fase 1, come spiega la dottoressa Laura Torricelli, della Ausl di Reggio Emilia, in prima linea nella città di Sant’Agata sul Santerno: «Vai dritta nel luogo della catastrofe per dire che ci sei, togli l’acqua e spali il fango con la gente, così intercetti le loro necessità, fai rete e psicoeducazione».
Non è un caso che in questi giorni al Centro di supporto psicologico allestito presso il Coc, il Centro operativo comunale del paese ospitato nella scuola di via Roma, è boom di richieste. Le psicologhe fanno i turni, ieri c’erano Alessandra D’Abramo, milanese, e Francesca Corocher, di Conegliano veneto (Tv). Sulle loro scrivanie caramelle, peluche, pennarelli e fogli per il disegno.
«Ai bambini bisogna ridare un senso alla narrazione realistica degli eventi - aggiunge Torricelli - secondo un percorso a “U”. Inizi ricordando l’allerta, poi la casa allagata, la paura vista negli occhi dei genitori, che è il punto più basso della U, poi però spieghi anche che i soccorsi sono arrivati, che sono stati messi in salvo, che verranno ricostruiti gli argini dei fiumi».
Per ripercorrere la narrazione si sperimentano anche i giochi: «Alla mia bambina - racconta una mamma di Forlì - la psicoterapeuta e io abbiamo narrato l’alluvione mettendo la casa di Barbie nell’acqua. La bambola e il suo cagnolino hanno paura, piove, ma poi arrivano i soccorsi». Un’altra piccola apparentemente serena ha disegnato spontaneamente una bandiera arcobaleno come quella segno di speranza durante il Covid, «inconsapevolmente - dicono le dottoresse - ha capito che si è trattato di una nuova emergenza». L’alluvione è stato un evento carico di potenziali effetti traumatici, sia per chi vi è coinvolto direttamente (sfollati, parenti di deceduti) sia per chi lo è in maniera indiretta (gli operatori sociali e sanitari impegnati in prima linea nell’accoglienza). «In questo contesto, così come in tutti i contesti emergenziali - afferma Alessio Saponaro, responsabile Salute mentale e dipendenze della Regione Emilia Romagna - l’intervento psicologico è stato declinato in modo tempestivo, secondo precise linee organizzative e di attivazione».
IL CROLLO
La dottoressa Simonetta Giunchi, che lavora a Forlì e a Cervia, autrice e psicologa specializzata anche in Emdr, nel laboratorio dell’impresa sociale CavaRei (Cava è uno dei quartieri gravemente alluvionati di Forlì) ha partecipato a colloqui e incontri. «La paura fa scattare una modalità di pensiero e di azione del cervello che torna a uno stato primordiale - dice - e che risponde a una unica direttrice: quella di attacco e fuga. Il cervello memorizza e anche dopo l’evento e mantiene uno stato d’allerta che da una parte può spingere a fare, a mettersi in movimento per non pensare, dall’altra a non sviluppare ragionamenti profondi». I malesseri, col tempo, possono trasformarsi in veri e propri disturbi post traumatici da stress.
«Una signora l’altra sera - aggiunge Giunchi - raccontava di avere perso la casa, come fosse un pacchetto di noccioline. Tra poco, però, comincerà a rendersi conto e anche quando i soccorsi e i volontari andranno via, arriverà il momento del crollo. Per questo è necessario elaborare le memorie della paura e dell’impotenza, lasciandosi aiutare».