Forse Alice poteva essere salvata dalla furia omicida del fratello. I familiari avevano denunciato più volte la situazione e avevano chiesto, quasi implorato, aiuto alle autorità. Ma nulla in tanto tempo è stato fatto. E adesso due poliziotti e un medico della Salute mentale sono i primi indagati dalla procura di Genova nell'inchiesta sulle presunte omissioni, indagine nata dopo il delitto.
Alice Scagni è stata uccisa dal fratello Alberto lo scorso 1 maggio con diciannove coltellate.
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LE MINACCE
«Lo sai stasera dove sono Gianluca e tua figlia? Se non trovo i soldi sul conto tra 5 minuti, lo sai dove cazzo sono?», aveva urlato Alberto Scagni, 42 anni, al padre. La polizia aveva risposto agli Scagni che non c'erano volanti disponibili e che se la minaccia non era immediata non potevano inviare nessuno. Non solo la telefonata al 112 il giorno del delitto ma anche l'incendio appiccato poche ore prima alla porta di casa della nonna. Il giorno successivo all'omicidio avrebbe inoltre dovuto svolgersi una visita medica di Scagni per avviare un percorso di cura presso l'igiene mentale. «Adesso vogliamo essere riconosciuti come parte offesa ha aggiunto ancora Zarri Il danno per noi sono due figli persi. La verità che di cui noi siamo certi è che sono stati rubati. Ho il cuore che è una pietra pesante». Nei giorni scorsi il perito del gip ha dichiarato Scagni semi infermo di mente, mentre per la procura sarebbe pienamente capace. In totale disaccordo i genitori, che considerano loro figlio del tutto incapace di intendere o volere. E continuano a ripetere che quel giorno non hanno perso uno, ma due figli. «Vittime di un sistema che li ha lasciati soli».