L'incerta marcia del Pd alla conquista del Balbi

Sabato 12 Aprile 2014
Sulla carta, per il Partito democratico veneto sarebbe la situazione perfetta: un Pdl che non esiste più e che si è sciolto in più rivoli, una Lega travolta dagli scandali, un Movimento 5 Stelle che tra espulsioni e fuoriuscite un po' di smalto l'ha perso per strada. Con uno scenario simile, uno si aspetterebbe che il brutto anatroccolo della politica veneta si trasformasse in cigno, aprisse le ali, dimenticasse il ruolo di eterno oppositore e spiccasse il volo. Solo che non è così. Alle elezioni regionali venete manca un anno e di cosa fare per scalzare Luca Zaia, il suo Carroccio e i suoi alleati del centrodestra, il Pd neanche parla. Non ufficialmente. Neanche nelle riunioni ristrette o informali, di corrente o di area. Solo chiacchiere da Bar Sport. Del tipo: "faremo le primarie nel 2015? e se facessimo un'alleanza con il Ncd come a Roma ci toccherà prenderci Marino Zorzato?"
È vero che da qui a un anno può cambiare il mondo. E i prossimi test elettorali del 25 maggio non saranno ininfluenti. Prima di tutto le Amministrative: bisognerà vedere cosa succederà a Padova, se Ivo Rossi, peraltro reduce da un risultato non esaltante alle primarie, ce la farà a mantenere la città o se il centrosinistra crollerà. Poi i dati delle Europee a livello locale: e qui molti guarderanno a Verona e alla Lega di Flavio Tosi. Ma, al di là di quello che succederà tra un mese, il dato di fatto è che oggi, rispetto a un anno fa, il Pd ha perso un potenziale candidato governatore: Flavio Zanonato non c'è più. L'ex sindaco di Padova, ai tempi in cui era ministro allo Sviluppo economico nel governo Letta, aveva quotazioni altissime. È vero che nel partito imperava Bersani e per il bersaniano Zanonato il gioco si profilava facile, comunque sia, il suo nome nel toto governatore del Veneto era ai primissimi, se non al primo posto. Poi ci sono stati i fischi, c'è stata una gestione non propriamente eccelsa del caso (veneto) Electrolux, al vertice del Pd nazionale è arrivato Matteo Renzi e lo stesso Renzi è diventato premier, senza riconfermare nella squadra governativa il padovano Flavio. La storia finisce che Zanonato viene candidato (neanche ai primi posti, ma tanto conteranno le preferenze) alle Europee, lo si vede sorridente negli spazi pubblicitari dei cestini per i rifiuti prima ancora che le candidature siano ufficializzate e per lui la corsa che era stata data per scontata per Palazzo Balbi finisce prima ancora di iniziare. Chi resta? Forse resta solo Renzi. Lo dicono i renziani veneti, ma è una analisi non solo di parte: finora, al Pd veneto, è mancato il sostegno nazionale; i veneti non votarono Massimo Cacciari nel 2000, Massimo Carraro nel 2005 e tutto sommato anche Giuseppe Bortolussi nel 2010 perché il primo partito che sosteneva tutti e tre questi candidati (i Ds e poi il Pd) non era nelle "corde" degli italiani. E dei veneti. Non c'era sintonia. Ora - dicono i renziani - la sintonia c'è. E citano quel che è successo mercoledì scorso al Vinitaly a Verona quand'è arrivato il premier: "Renzi sembrava una rockstar". Applaudito, ricercato, fotografato, neanche mezza parola negativa. Che c'entra il Rottamatore con Palazzo Balbi? C'entra. Se il suo governo dura, se c'è un effetto trascinamento, se il defunto Pdl continua a restare diviso, allora si può immaginare un capovolgimento anche al Balbi. Non a caso il neosegretario del Pd veneto, il renzianissimo Roger De Menech - che pure nell'esordio non è riuscito a spuntare granché: neanche un ministro, un solo sottosegretario nel governo del 'suo' Renzi - ha già detto che le alleanze "prima si fanno con i veneti e poi con i partiti". Ma quali alleanze? Appunto, dipende dalla "tenuta" di Renzi. Se dura il governo, non è da escludere una riedizione dell'anomala alleanza tra Pd, Ncd e centristi. Con candidato governatore chi? Dipende. Se si fanno le primarie, tutto è possibile, perfino un De Menech potrebbe spuntarla. Senza primarie e cercando un'intesa con i centristi, il più accreditato, moderato e autorevole dei papabili - benché non certo 'nuovo' come imporrebbe lo spirito dei tempi - resta Achille Variati, il sindaco (renziano della prima ora) di Vicenza. Curiosamente, con uno scenario del genere tornerebbe quasi a casa il veneziano Andrea Causin: l'ex vicesegretario del Pd veneto passato a Scelta Civica è sempre più insistentemente dato in passaggio al Nuovo Centrodestra.
E a proposito di chiacchiericci, mai trascurare il fattore D. Di donna. Raccontano che Laura Puppato, ex capogruppo Pd in Regione dimessasi per sfidare Bersani alle primarie 2012 e, ovviamente perdente, ricompensata (e guai a pensare che fosse negli accordi iniziali) con la nomina a parlamentare, capolista Pd al Senato alle Politiche 2013, starebbe valutando un ritorno in laguna. Da candidata governatrice. Potrebbe, metti mai, vedersela con un'altra signora: come già fece Debora Serracchiani, eletta nel 2009 al Parlamento europeo e poi candidata in Regione Friuli Venezia Giulia dove mandò a casa I'azzurro Renzo Tondo, ecco, la stessa cosa potrebbe venire in mente alla bella avvocatessa vicentina Alessandra Moretti: il 25 maggio potrebbe volare a Bruxelles, tra un anno tornare a Venezia.
Fantasie? Forse. Il Pd veneto, del resto, sul Veneto non batte ciglio. E pensare che tra un anno, oltre a preoccuparsi della conquista della Regione, dovrebbe occuparsi anche di mantenere la laguna: a Venezia nel 2015 ci saranno le elezioni comunali, solo che il sindaco uscente Giorgio Orsoni oggi pare non convincere nemmeno buona parte dei democrats lagunari, ma nessuno sa come uscirne e intanto crescono iniziative 'contro' (tipo ResetVenezia.it, con appoggi di esponenti che furono del polo rosso-verde). Ma neanche di Venezia si parla. Silenzio, che non si disturbi il Pd silente.
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