Mcs, ovvero i "malati invisibili":
dal centro Imid di Campi
la lotta contro l'indifferenza

Martedì 11 Dicembre 2012
Il dottor Mauro Minelli, direttore del centro Imid di Campi (Lecce)
CAMPI SALENTINA (Lecce) - Sono qui per provare ad avere una vita normale. In nessun altro posto d'Italia avrei potuto curarmi. Daniela Vitolo, ventinovenne di Angri, nel salernitano, un fiume in piena.
Toglie la mascherina che tiene sulla bocca e accenna un sorriso: «Questo è l'unico centro per malati invisibili come me». La sua storia ha commosso e scosso l'Italia e ora s'incrocia con quella del Centro Imid di Campi Salentina, in provincia di Lecce. Due interrogazioni parlamentari, presentate dal deputato dell'Idv Francesco Barbato, attendono di dare risposta a lei e ai cinquemila italiani che, come lei, sono affetti da “Sindrome da Sensibilità Chimica Multipla” (Mcs).



L'attesa del riconoscimento. L'ultima, discussa alla Camera nei giorni scorsi, ha rimarcato i paradossi, che toccano un nervo scoperto della sanità italiana. Non esiste ancora, infatti, il riconoscimento di questa rara patologia come malattia invalidante. Dunque, non c'è sussidio per chi ne è affetto. Dunque, non c'è investimento, né in ricerca né dotazione d'organico, per una struttura come quella del "San Pio da Pietralcina" di Campi, sebbene sia l'unica su tutto il territorio nazionale ad essere predisposta all'accoglienza di persone colpite da questa sindrome.



L'incidente. La vita di Daniela Vitolo di certo non può dirsi normale. E' cambiata radicalmente nel 2005, quando lei, studentessa di pittura presso l'Accademia di Belle Arti di Napoli, è rimasta coinvolta nell'incendio del laboratorio di stampa tipografica. La rottura dei filtri delle cappe aspiranti e il miscuglio di acidi, che si è sprigionato, le è costato un pellegrinaggio di oltre sette anni tra centri specializzati e nosocomi di diverse regioni. Le avevano detto che era solo stress la sua astenia, la sua perdita di equilibrio, la sua inappetenza che l'ha portata a pesare appena 31kg. Nel 2009, nell'ospedale "Malpighi" di Bologna, le è stata diagnosticata la Sindrome Mcs. «Ma non c'è cura per me, mi hanno risposto», dice Daniela, scuotendo la testa.



Vita da eremita. Da quattro mesi vive come un'eremita in un agriturismo sui monti campani. Da una settimana è ricoverata a Campi, nel Centro diretto dall'immunologo Mauro Minelli. Ed è qui, forse anche in maniera insperata, che sta trovando le prime risposte di cura alla sua rarissima forma allergica. «Questa è buona sanità, ma è ingiusto che ci sia solo un posto letto riservato a chi ha la sindrome Mcs e che ci sia così poco personale medico», nota Daniela. L'Imid, centro da dodici posti letto e ambulatori e pazienti da tutta Italia, si regge solo sul lavoro di tre medici. Ora aspira al salto in avanti, anche perché non esiste struttura che possa operare il riconoscimento dei pazienti Mcs.



Il medico.
«Ecco perché - spiega Mauro Minelli - intendiamo promuovere, attraverso la Asl di Lecce, l'istituzione di un Comitato tecnico-scientifico nazionale composto da immunologo clinico, medico del lavoro, tossicologo, farmacologo, neurologo, fisico medico, biologo molecolare. Questo ci consente di esaminare il dato clinico obiettivo dei pazienti, ma anche e soprattutto di stilare linee-guida certamente aperte alla comprensione della patologia di per sé complessa»
Ultimo aggiornamento: 22 Gennaio, 10:39 © RIPRODUZIONE RISERVATA