​Non è cambiando le parole che si cancellano i problemi

Sabato 19 Agosto 2017
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Egregio Direttore,
leggo sul giornale di oggi che non si può dire la parola vù comprà perché offensiva. Tempo fa ho letto che non si può dire neanche zingaro e negro. Vorrei suggerirLe di incaricare un redattore de Il Gazzettino di fare un elenco di queste parole proibite dalla legge italiana, in modo tale che noi da poveri ignoranti non si offenda inavvertitamente qualcuno. In italiano e anche in dialetto. Sto pensando alla parola mona molto adoperata dal nostro Lino Toffolo. Quali altre?


Giorgio Rampazzo

Caro lettore,
capisco la sua ironia. Ma è proprio così: ci sono parole ed espressioni che non possono venire usate perché considerate discriminatorie e denigratorie. Per cui si può scrivere rom ma non zingaro, ambulante abusivo ma non vù cumprà. Recentemente è stato anche deliberato che i profughi non possono essere chiamati clandestini in quanto il loro status non è ancora quello di fuorilegge ( tali sono i clandestini), ma di richiedenti asilo, cioè stranieri in attesa di vedere o meno riconosciuto il loro diritto a restare in Italia. Francamente confesso che non tutti, ma alcuni di questi divieti mi lasciano abbastanza perplesso e mi sembrano soprattutto il frutto di un pensiero unico politicamente corretto che cerca, attraverso la lingua, di anestetizzare la realtà. Ma cambiando le parole non si cancellano i problemi.

I venditori che occupano la spiaggia di Sottomarina di Chioggia sono un caso indipendentemente da come vogliamo definirli. E chiamare quegli stranieri in modo più gentile non rende meno grave la situazione nè, come si è visto, contribuisce a frenare comportamenti violenti. Lo stesso vale per la battaglia tra bande rom andate in scena qualche giorno fa a Bergamo.

Comunque per formazione siamo abituati a rispettare le regole e quindi sul nostro giornale cerchiamo di non usare le espressioni proibite. Purtroppo dobbiamo anche constatare che molti di coloro nei confronti dei quali usiamo tanta attenzione filologica, delle regole spesso si fanno un baffo.
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