L'Istat: «Oltre 3 milioni e mezzo di famiglie senza reddito da lavoro»

Mercoledì 17 Maggio 2017
L'Istat: «Oltre 3 milioni e mezzo di famiglie senza reddito da lavoro»
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In Italia nel 2016 si contano circa 3 milioni 590 mila famiglie senza redditi da lavoro, ovvero dove non ci sono occupati o pensionati da lavoro.

Lo rileva l'Istat nel Rapporto annuale. Si tratta del 13,9% del totale, con la percentuale più alta che si registra nel Mezzogiorno (22,2%) Si tratta di tutti nuclei "jobless" dove si va avanti grazie a rendite diverse, affitti o aiuti sociali. Nel 2008 queste famiglie erano 3 milioni 172 mila, il 13,2% del totale.

A quanto rivela ancora l'Istat, quasi sette giovani under35 su dieci vivono ancora nella famiglia di origine. L'Istituto spiega che nel 2016 i 15-34enni che stanno a casa dei genitori sono precisamente il 68,1% dei coetanei, corrispondenti a 8,6 milioni di individui.

L'Istat, che traccia una mappa socio-economica dell'Italia, aggiornando i modelli tradizionali con schemi «multidimensionali», afferma che «la diseguaglianza sociale non è più solo la distanza tra le diverse classi, ma la composizione stessa delle classi». Per l'Istat «la crescente complessità del mondo del lavoro attuale ha fatto aumentare le diversità non solo tra le professioni ma anche all'interno degli stessi ruoli professionali, acuendo le diseguaglianze tra classi sociali e all'interno di esse».

La classe operaia e il ceto medio «sono sempre state le più radicate nella struttura produttiva del nostro Paese» ma «oggi la prima ha abbandonato il ruolo di spinta all'equità sociale mentre la seconda non è più alla guida del cambiamento e dell'evoluzione sociale». Si assiste quindi a una «perdita dell'identità di classe, legata alla precarizzazione e alla frammentazione dei percorsi lavorativi». Per l'Istituto ci sono interi segmenti di popolazione che «non rientrano più nelle classiche partizioni: giovani con alto titolo di studio sono occupati in modo precario, stranieri di seconda generazione che non hanno il background culturale dei genitori, stranieri di prima generazione cui non viene riconosciuto il titolo di studio conseguito, una fetta sempre più grande di esclusi dal mondo del lavoro dovuta - sottolinea l'Istituto - anche al progressivo invecchiamento della popolazione». Ecco che nella nuova geografia dell'Istat «la classe operaia», che «ha perso il suo connotato univoco», si ritrova «per quasi la metà dei casi nel gruppo dei 'giovani blue-collar'», composto da molte coppie senza figli, e «per la restante quota nei due gruppi di famiglie a basso reddito, di soli italiani o con stranieri». Anche la piccola borghesia si distribuisce su più gruppi sociali, in particolare «tra le famiglie di impiegati, di operai in pensione e le famiglie tradizionali della provincia». Secondo l'Istituto «la classe media impiegatizia è invece ben rappresentabile nella società italiana, ricadendo per l'83,5% nelle "famiglie di impiegati"».

L'Istat traccia una nuova mappa socio-economica dell'Italia, dividendo il Paese in nove gruppi in base al reddito, al titolo di studio, alla cittadinanza e non guardando così più solo alla professione, come nelle tradizionali classificazioni. I due sottoinsiemi più numerosi sono quelli delle "famiglie di impiegati", appartenete alla fascia benestante (4,6 milioni di nuclei per un totale di 12,2 milioni di persone) e delle "famiglie degli operai in pensione", fascia a reddito medio (5,8 milioni per un totale di oltre 10,5 milioni di persone).

L'Italia è poi un Paese sempre più vecchio: al 1 gennaio 2017 la quota di individui di 65 anni e più ha raggiunto il 22%, collocando il nostro Paese al livello più alto nell'Unione Europea e «tra quelli a più elevato invecchiamento al mondo». Con questo dato l'Italia supera anche la Germania che per anni si è collocata ai vertici della classifica europea per quota di over-65 sulla popolazione complessiva. Sono in 13,5 milioni gli italiani che hanno più di 65 anni; gli ultraottantenni sono 4,1 milioni.

L'export italiano è in forte crescita a marzo. L' Istat rileva un aumento del 4% su febbraio e del 14,5% rispetto al 2016 (dati grezzi), il livello più alto da oltre cinque anni. Per trovare un balzo maggiore bisogna tornare a agosto 2011 (quando era stato del 15,2%). A marzo l'area extra Ue segna +15,1% sull'anno e quella Ue +14,1%. Trainano Cina (+32,3%) e paesi Asean e, tra i prodotti, quelli petroliferi raffinati (+47,1%), gli autoveicoli (+28,1%) e gli articoli farmaceutici, chimico-medicinali e botanici (+22,8%).

«La ripresa, a causa dell'intensità insufficiente della crescita economica, stenta ad avere gli stessi effetti positivi diffusi all'intera popolazione». Così il presidente dell'Istat, Giorgio Alleva, nella presentazione del Rapporto annuale al Parlamento. «L'Italia ha consolidato il processo di ripresa iniziato nel 2015», spiega Alleva. E aggiunge: «nella fase di ripresa attuale il processo di crescita stenta tuttavia ad affermarsi pienamente».

Ultimo aggiornamento: 18 Maggio, 19:53 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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