Flussi dei migranti, accordo in bilico: l'instabilità di Tripoli mette in forse il tavolo di gestione

Lunedì 20 Marzo 2017 di Sara Menafra
Flussi dei migranti, accordo in bilico: l'instabilità di Tripoli mette in forse il tavolo di gestione
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ROMA Un documento in otto punti che, con l'appoggio dell'Unione europea sarà l'atto fondativo di un gruppo di contatto permanente tra paesi europei e nordafricani. Che con questa «piattaforma comune» coordinata dall'Italia dovrebbero gestire collettivamente i flussi migratori, i rimpatri, i finanziamenti ai paesi nord africani. È il cuore dell'intesa voluta dal ministro degli Interni Marco Minniti e che vede come controparte fondamentale il presidente libico Fayez al Serraj, la cui presenza nelle ultime ore ha rischiato più volte di saltare a causa dei violenti scontri in corso a Tripoli. Ancora ieri sera dalla Libia non era arrivata la conferma della partenza dell'aereo presidenziale .
IL TESTO
Proprio la situazione tripolina preoccupa l'Europa, che ha deciso di sostenere pienamente Roma in questa operazione. Se il ruolo di Serraj vacillasse, infatti, sarebbe tutto l'accordo a perdere di senso visto che i migranti partono soprattutto dalla libia. Il testo, in ogni caso, sarà firmato da un lato da Austria, Francia, Germania, Slovenia, Svizzera, Italia e Malta - con una vistosa presenza dei paesi più intransigenti - e dall'altra Tunisia e Libia. Avrebbe dovuto esserci anche una rappresentanza algerina, sfilatasi all'ultimo. Nella premessa, c'è anche la parte più concreta dell'accordo: rafforzare il controllo delle coste da parte della Libia, aumentare le «capacità recettive» libiche - ovvero ampliare e legalizzare i centri di accoglienza in loco che al momento trattengono i migranti per temi indefiniti e senza regole - sostenere i rientri volontari e aiutare il paese a «ridurre la pressione sui confini di terra», ovvero quelli al sud del paese, dove l'Italia è pronta a finanziare la realizzazione di un sistema di controllo nelle ampie aree desertiche.
L'IMPEGNO ECONOMICO
Buona parte del testo è dedicato al rafforzamento dell'economia dei paesi africani. Il primo punto impegna i contraenti ad «aumentare le forme di coordinamento, cooperazione e scambio di competenze nella gestione dei flussi», quindi «affrontare le cause delle migrazioni, aumentando le possibilità di lavoro, soprattutto dei giovani, nei paesi di origine e transito», valutare - è il terzo elemento - la «dimensione economica» positiva delle migrazioni, «mobilitare ulteriori risorse per promuovere lo sviluppo sociale, istituzionale ed economico dei paesi di origine, anche investendo su progetti di formazione ed educazione», «contrastare il traffico di migranti rafforzando le capacità operative».
Il sesto punto impegna a «migliorare le condizioni di vita dei richiedenti asilo e assicurare loro un'effettiva protezione» mentre il settimo punto impegna a rafforzare i controlli dei confini con «programmi di formazione, fornendo mezzi adeguati sia dal punto di vista dell'equipaggiamento sia da quello tecnologico, aiutando i migranti a tornare a casa in sicurezza».
Infine, l'ultimo elemento dell'intesa impegna i paesi a finanziare una campagna informativa per «avvertire i migranti dei rischi del viaggio per raggiungere l'Europa».
Interventi concreti, dunque, che richiederanno ulteriori investimenti, tanto più che il ministro degli interni libico ha già annunciato di pretendere «chiarimenti operativi». L'Italia ha già stanziato 200 milioni che presto dovrebbero essere effettivamente impiegati, ma presto sarà approvato, d'accordo con l'Europa, un ulteriore finanziamento del progetto. E nelle prossime settimane partiranno per la Libia dieci motovedette, quattro entro fine aprile, le altre subito dopo. E non è un caso se all'incontro sarà presente anche il premier Paolo Gentiloni: l'Italia punta tutte le sue fiches su questa intesa. Se non dovesse funzionare, il commissario europeo all'immigrazione Dimitris Avramopoulos ha già in mente il piano B, tornare alla direttiva migranti del 2008 con centri di detenzione in Italia e trattenimenti lunghi fino a 18 mesi. Una bomba sociale che Roma vuole evitare a tutti i costi.

Ultimo aggiornamento: 13:04

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