Ballottaggi, Berlusconi: tutto sbagliato
così il partito non funziona

Martedì 11 Giugno 2013 di Ettore Colombo
Silvio Berlusconi
ROMA - Silvio Berlusconi non parla. Non a breve, almeno. Chiuso nella sua villa di Arcore (non scender a Roma prima di domani), non si aspettava certo di festeggiare vittorie, ma neppure un simile cappotto. Certo, la faccia accanto ad Alemanno non ha voluto mettercela. Si era limitato a registrare un paio di videomessaggi, consapevole che quella battaglia era persa in partenza. Il guaio è che la sconfitta della Capitale è dilagata a macchia d’olio nel resto d’Italia. L’umore del Cav è nero e la convinzione sempre la stessa: senza di me il Pdl non va da nessuna parte, si vince solo con me. Ma ciò che Berlusconi teme di più è l’avvicinarsi di quella che ritiene essere la tempesta perfetta. Composta dei seguenti elementi: Pdl più debole nelle urne e nei centri di comando, sinistra sempre più ringalluzzita, governo che si appiattisce sui desiderata del Pd, grillini in pieno smottamento, a forte rischio di risucchio – almeno una parte, ma decisiva per poter predisporre una maggioranza variabile – da parte del Pd stesso che, forte di tale secondo forno, mette il Pdl nell’angolo.



SCADENZE GIUDIZIARIE

Infine, particolare che più angoscia Berlusconi, l’arrivo di due sentenze per lui delicatissime: quella del 19 giugno sul legittimo impedimento per il processo diritti tv Mediaset (alla Corte Costituzionale) e quella del 24 giugno sul processo Ruby in primo grado. Ecco perché il Cavaliere ora non ha alcuna intenzione di aprire il fuoco sul governo. Ma se Berlusconi tace, è Alfano a lanciare per la prima volta una stoccata al presidente del Consiglio. In un'intervista al Foglio (lo stesso quotidiano in cui la scorsa settimana l'ex premier chiese al governo di sbattere i pugni sul tavolo contro il rigore della Germania) il vice premier chiede che venga data una «missione» all'esecutivo: Se «il tema del governo di necessità si ripete come una giaculatoria politica - è la critica del segretario del Pdl - il risultato è che quel che appare, è un esecutivo senza una sua missione autonoma». Segnali, anche se l’ordine di scuderia, consegnato anche ai suoi, è non scaricare le colpe sul governo, ma piuttosto di incalzarlo affinché vadano in porto i provvedimenti su cui punta il Pdl: Iva e Imu.



RIORGANIZZAZIONE

Inevitabile anche così, però, che tensioni e i problemi si scarichino su un partito già affaticato in cui gli scontri interni sono all’ordine del giorno. L’idea che serpeggia tra molti falchi è di promuovere Daniela Santanché («Serve una riorganizzazione del partito, senza guerra tra bande» spiegava ieri dal Tg3) a vice di Alfano o, ove il suo nome fosse troppo indigeribile per le colombe’filo-governative, di affiancare a Verdini e Bondi uno come Raffaele Fitto, ex ministro ieri colomba e oggi falco molto in ascesa. E se è curioso, almeno fino alla sera di ieri, nessuno dei due capigruppo di Camera e Senato, Brunetta e Schifani, avesse detto una sola parola sul voto, tutti gli altri big pidellini non si nascondono dietro troppe scuse. Tracollo. Batosta. Sconfitta secca e bruciante sono invece i commenti più gettonati. Del resto, c’è poco da girarci attorno.



SCONFITTA DA NORD A SUD

Al netto di Roma, alcuni risultati fanno particolarmente male al centrodestra. Da Brescia, roccaforte del Pdl lombardo, a Imperia, feudo dell’ex ministro Scajola, da Treviso, dove Lega e Pdl erano in sella da vent’anni a Viterbo, dove il Pdl governava da diciotto. Vero è che il Pdl governa ancora intere regioni del Sud come del Nord e mantiene ancora capoluoghi importanti come Lecce, Caserta, Pavia, Mantova, Pescara, Latina e Ascoli Piceno (ma solo un capoluogo di regione: Campobasso) e che il 23% di media preso alle ultime amministrative lievita a quasi il 30% nei sondaggi per le elezioni politiche, ma il tonfo è stato pesante.Ignazio Abbrignani, responsabile elettorale del Pdl, si consola: «Nessun sindaco è stato riconfermato, hanno vinto tutte facce nuove. Solo con il cambiamento si vince». Resta il problema. I falchi, variamente assortiti, non hanno dubbi: si vince se Silvio è in campo. Lo dicono sia Sandro Bondi che Mariastella Gelmini. Il sottosegretario Michaela Biancofiore individua i vizi capitali: «Imborghesimento e poco berlusconismo». Mario Mantovani, coordinatore regionale lombardo, vuole «azzerare tutto, organigrammi in testa, e tornare a Forza Italia».
© RIPRODUZIONE RISERVATA