Marianna a casa dopo la cella danese
«Lotterò ancora con Sea Shepherd»

Mercoledì 21 Ottobre 2015 di Maria Elena Mancuso
Marianna Baldo ritorna a casa dopo il processo alle Far Oer
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ROMANO D'EZZELINO - È tornata a casa Marianna Baldo, la fotografa di Romano d'Ezzelino, attivista di Sea Shepherd arrestata, il 23 luglio scorso, alle isole Far Oer durante una “grind”, una sessione della tradizionale mattanza di cetacei che si consuma in questo piccolo arcipelago danese ogni anno, a più riprese, da giugno a ottobre. Un arresto, un processo ed una condanna che non hanno affatto scoraggiato Marianna, oggi più che mai agguerrita e determinata.

“Faccio fatica a prendere sul serio tutta questa storia”, racconta Marianna. “Un vero e proprio processo alle intenzioni basato su una ridicola legge interna, fatta ad hoc per impedire a Sea Shepherd di proteggere i globicefali. E, come se non bastasse, in difesa di una pratica in aperta ed evidente violazione alla Convenzione di Berna del 1979, un trattato internazionale per la protezione di animali e piante che condanna apertamente questo genere di attività, ratificata da tutti i Paesi membri dell’Unione Europea. Danimarca inclusa, ovviamente, ma con l’eccezione esplicita dei territori autonomi di Groenlandia e isole Far Oer”.

Battaglia contro la mattanza di cetacei

Una cosa inaccettabile, dice la Baldo. "E in questa situazione diventa addirittura paradossale. Perché le Far Oer - prosegue Marianna - fanno parte del Regno di Danimarca, ma non dell’Unione Europea e non hanno né un tribunale né tantomeno un esercito. Durante le grind, quindi, a pattugliare le coste c’erano delle navi danesi e, a processarci, è stato un giudice del tribunale danese. Forze dell’ordine, giudici e tribunali danesi, quindi europei, contro qualcuno accusato di voler semplicemente far rispettare delle leggi europee. Davvero non riesco ancor a capire come sia possibile tutto questo”.

Il video della vergogna

“Sapete perché mi hanno arrestata? Perché, secondo questa legge interna all’arcipelago, la polizia locale, ma anche dei civili designati, che sarebbero poi gli organizzatori delle grind, hanno il diritto di arrestare chiunque sia sospettato di avere anche solo l’intenzione di bloccare la mattanza. Secondo loro, quindi, io e Xavier, il ragazzo arrestato con me, con i nostri potenti mezzi, una macchina fotografica ed un gommone lungo all’incirca un metro e mezzo, eravamo intenzionati a bloccare un’orda di uomini armati, su imbarcazioni grandi dieci volte la nostra. Si può davvero prendere sul serio un’accusa del genere? Evidentemente sì, dato che il giudice ci ha ritenuti colpevoli e condannati all’espulsione, oltre che al pagamento di una multa di circa 4 mila euro o, in alternativa, 14 giorni di detenzione. Abbiamo chiesto immediatamente di scontare la pena in carcere. Ma ci hanno spiegato, lasciandoci ancora una volta perplessi, che avremmo dovuto fare una richiesta scritta via email al capo della polizia locale. Ci hanno quindi sequestrato i passaporti e rispediti sulla nostra nave in attesa di chiarimenti”.

“Abbiamo subito fatto ricorso e, in attesa del processo d’appello, i legali di Sea Shepherd Global insieme ai governi di alcuni Paesi tra cui Belgio e Italia, si sono messi all’opera per capire come muoversi a livello internazionale. Perché tra gli obiettivi di Sea Shepherd c’è anche quello di regolarizzare gli aspetti legali in modo che le leggi esistenti vengano applicate correttamente e ne vengano scritte di migliori e più efficaci.

Il 13 agosto scorso, dopo averci convocato, ufficialmente per delle delucidazioni in merito alla sentenza, siamo stati bloccati al posto di polizia, messi in cella e, senza alcun ulteriore contatto con la nostra nave ad esclusione di un biglietto in inglese in cui chiedevamo che ci portassero i bagagli, siamo stati espulsi. Scortati da tre agenti in borghese, alle tre del mattino, su di un traghetto diretto in Danimarca. L’espulsione è valida sino al 30 settembre 2016 e in marzo, quando probabilmente ci sarà il processo di appello, per rientrare dovremo chiedere un visto particolare all’ambasciata danese. L’ennesima beffa, insomma. Intanto spero che si decidano a riconsegnarmi la mia attrezzatura fotografica. Il giudice aveva assicurato che mi sarebbe stata restituita dopo il processo e invece la polizia locale ha deciso diversamente. Troverò il modo di arrangiarmi, ma questa ennesima scorrettezza, oltre ad essere gratuita, mi priva dei miei strumenti di lavoro”.

“E adesso sono a Vicenza dai miei genitori. Posso solo immaginare le reazioni di mamma e papà alla notizia dell’arresto. Hanno da sempre il timore che mi succeda qualcosa e anche se mi appoggiano e finalmente mi capiscono, non possono non essere apprensivi. Durante la mia permanenza in Italia ho continuato comunque a lavorare per la causa con incontri e conferenze, ma anche con una mostra fotografica. Ventitré scatti realizzati durante le mie campagne antartiche con Sea Shepherd che sono stati esposti sino al 10 ottobre a Cavazzale. A novembre, invece, la mostra dovrebbe arricchirsi di altri scatti ed essere esposta al Museo della Marineria di Viareggio. Poi conto di portarla altrove e nel frattempo ho dato piena disponibilità per altre campagne Sea Shepherd. Insomma, vivo alla giornata e vado dove posso essere utile, che sia tra gli oceani a difendere i mari, o su e giù per l’Italia a mostrare il mio lavoro e parlare con la gente".

Ultimo aggiornamento: 18:15 © RIPRODUZIONE RISERVATA