Don Romualdo "ritorna" al Brandolini «Io e il becchino a seppellire quei morti»

Martedì 22 Aprile 2014
ODERZO - (an.fr.) Ha raccontato i fatti come se fossero avvenuti il giorno prima. Don Romualdo Baldissera, novantatre anni ben portati, collaboratore del parroco don Piersante e volto notissimo in città, durante l'omelia di Pasquetta ha ricordato i terribili fatti dell'aprile 1945, noti anche con il nome della «strage di Oderzo». Fatti dei quali fu testimone diretto, che ricorda vivissimi con orrore e tanta pietà nel cuore. «Oggi è il giorno di Pasquetta, si ricorda la nascita di Roma - ha esordito nell'omelia - permettetemi di ricordare quegli eventi che hanno lasciato un segno indelebile». Egli l'ha fatto da sacerdote, con pacatezza, sottolineando un passaggio delle Scritture dove si dice che dell'uomo non ci si deve fidare. Si era ormai alla fine di quell'aprile del 1945, nella canonica opitergina era stato raggiunto un accordo con il Comitato di liberazione nazionale che prevedeva la resa incondizionata di tutte le forze fasciste e la resa delle armi. Al Collegio Brandolini erano ospitati circa 400 allievi ufficiali dell'esercito repubblichino. «I partigiani ci dissero che li avrebbero portati oltre il fiume Piave, dove sarebbero stati più sicuri. Li salutai in piazza, erano stipati sulle camionette, fra questi anche diversi ragazzi giuliani fuggiti dal regime di Tito. Venimmo a sapere che erano stati fucilati sul greto del Piave, solo uno si salvò. Qualche tempo prima - ha proseguito il sacerdote nel suo racconto - vennero fucilati tredici fascisti. Fui incaricato di seppellirli. Mi ritrovai al cimitero, ero soltanto io con il becchino». Un'esperienza tremenda. «Solo noi due con quei tredici morti, accatasti l'uno sull'altro». Il vescovo di allora, monsignor Giuseppe Zaffonato, si precipitò ad Oderzo, sconvolto da quanto stava accadendo, ma non riuscì a fermare la strage. Il racconto - pura cronaca senza alcun commento - don Romualdo l'ha fatto per ricordare l'orrore di quei giorni, l'atmosfera d'odio che permeava le menti. «Ricordare - ha detto -soprattutto per fare in modo che ciò non si ripeta mai più».