«In Veneto non vogliono curarmi»
Cinzia si fa ricoverare in Inghilterra

Mercoledì 15 Luglio 2015 di Roberto Cervellin
Andrea Bezze dell'Anfisc, a sinistra, ha consegnato in Regione 11 mila firme affinché la fibromialgia sia riconosciuta invalidante
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VICENZA - "Quanto dovremo aspettare per ricevere le cure?". Cinzia Pegoraro è una mamma di Caldogno affetta da sensibilità chimica multipla. Una malattia che colpisce diverse persone prive di assistenza, dal momento che in Veneto manca una struttura specializzata per questo tipo di patologie.

E molti pazienti, come lei, sono costretti a curarsi all'estero con costi insostenibili. Il duro atto di accusa è di Andrea Bezze, vicepresidente regionale dell'Anfisc, associazione che raggruppa i malati di fibromialgia, encefalomialite mialgica e, appunto, sensibilità chimica multipla.

Da anni si conosce la difficile situazione di Cinzia, che al Gazzettino dichiarò: "Io rischio la vita ogni giorno".

La salute di Cinzia è sempre a rischio. "Nei giorni scorsi stava peggiorando tanto da rischiare la vita. Alcuni valori del sangue erano critici ed è stata ricoverata d'urgenza all'ospedale San Bortolo di Vicenza - sottolinea -. Ci siamo rivolti a un avvocato affinché le sia riconosciuta l'invalidità superiore al 74%".

Ma la soluzione alle sofferenze della giovane, almeno finché la Regione non interverrà con specifici fondi, è il ricovero in Inghilterra. Un viaggio che, per le sole cure, costa 30 mila euro. "Non vogliamo che casi come questi si ripetano - dice Bezze -. E' importante che nel Veneto siano messe a disposizione stanze bonificate e che medici e operatori siano messi in condizione di lavorare con serenità".

"Noi ringraziamo il San Bortolo di Vicenza che ha bonificato delle stanze e ha permesso a Cinzia di poter avere delle trasfusioni - aggiunge Bezze - , il problema è che l'ospedale lo ha fatto su nostra sollecitazione ma non in base a direttive regionali. Si sono anche presi dei rischi, mentre servirebbe un piano della Regione per questi casi così gravi. La realtà è invece che la Regione ha riconosciuto la malattia nel 2013, doveva realizzare dei protocolli, individuere i centri di riferimento, ma non è stato fatto nulla. Il 14 aprile scorso sono state riconosciute anche delle altre patologie correlate, ora diamo tempo all'assessorato appena insediato di risolvere questa situazione".

Ora per la signora Pegoraro cosa succede in Gran Bretagna?

"Minimo tre mesi di ricovero, sperando che la cura sia risolutiva. Ma servono 60 mila euro, per vivere lì oltre alle cure. Ora si è mobilitata la gente, sono stati raccolti fondi, ma se un domani serviranno altre cure? Se ci saranno altri casi simili da aiutare? Non sarà facile. Per questo c'è bisogno di una presa di coscienza e responsabilità delle nostre autorità sanitarie".

Ultimo aggiornamento: 11:30 © RIPRODUZIONE RISERVATA