Sulla vicenda che scosse Cassola
archiviate le denunce dei Pasinato
«Naturali dubbi e critiche della gente»

Martedì 9 Giugno 2015 di Claudio Strati
Da sinistra Antonio e Silvia Pasinato, Celestina Tessarolo, una manifestazione anti gassificatore

CASSOLA - Il caso del gassificatore aveva incendiato Cassola. Era stata un'autentica battaglia popolare contro il progetto che la Karizia, azienda con sede nel comune, intendeva realizzare ai confini con Rossano Veneto. Dopo le proteste e una accesissima assemblea in municipio, con i cittadini scatenati, l'allora sindaco Silvia Pasinato aveva deciso di soprassedere e di far ritirare il progetto.

Ma gli strascichi giudiziari erano in agguato. Partirono le denunce per diffamazione e altro da parte dei Pasinato, ovvero la stessa Silvia Pasinato e il padre Antonio Pasinato, ex senatore ed ex sindaco, capogruppo della maggioranza che esprimeva la figlia come primo cittadino, i quali hanno sempre affermato di non saperne nulla, del progetto. Le denunce riguardavano sia frasi uscite dalle bocche degli oppositori, sia espresse sui social che ospitarono lunghe e insistite discussioni. Nelle scorse settimane la vicenda è stata completamente archiviata. Già il Pm aveva chiesto l'archiviazione, ma i Pasinato si opposero. Il Gip è arrivato alle stesse conclusioni, chiudendo così il caso, ma con una sentenza molto articolata e addirittura curiosa, soprattutto dove scrive che era sostanzialmente naturale, per i cittadini, pensare che i due politici sapessero.

La sentenza, come già la richiesta del Pm, sostiene che si trattava non di denigrazione ma solo di "accettabile esternazione della critica politica". E non ravvisa rilievi penali nelle frasi riferite ai due Pasinato. "E' pacifico che la ragione della reazione era il progetto di costruzione di un impianto di smaltimento rifiuti nel territorio di Cassola, del valore di oltre 20 milioni: progetto proposto da un'azienda privata (Karizia, ndr), fino ad allora ignoto alla popolazione e anche ai due politici - si legge nella sentenza del Gip Furlani - e proprio una tale inconsapevolezza del progetto, mostrata dal sindaco nella riunione in consiglio, aveva determinato le ire delle opposizioni poiché, secondo quella tesi, era impossibile che politici sempre attivi e con cariche importanti (il Pasinato padre era stato pure senatore oltre che sindaco), sicuramente conoscenti di qualcuno dei proprietari della ditta propositrice, non ne avessero avuto piena conoscenza". Opinioni simili, poi, apparvero nei social.

Il giudice ricorda il fondamento costituzionale del diritto di critica politica e nell'ambito penale quest'ultimo "è costruito come esimente della diffamazione" spiega il Gip, citando la Cassazione, anche in presenza di frasi di contenuto offensivo: importante che il fatto sia di interesse pubblico e non si trascenda in gratuiti attacchi personali. Inoltre, "quanto maggiore è il potere esercitato, maggiore è l'esposizione alla critica, perchè chi esercita poteri pubblici deve essere sottoposto a rigido controllo sia da parte dell'opposizione politica sia dei cittadini".

Il Gip poi argomenta: "La costruzione di un simile impianto in una comunità è argomento di primaria importanza, sia per i pericoli di ricadute sulla salute pubblica, sia per il movimento di affari che produce, con i pericoli di approfittamento per tangenti e infiltrazioni di società non limpide".

Nel caso, aggiunge, "è stato contestato ai due politici locali, il sindaco e il suo predecessore, legati da vincolo di parentela e il secondo da anni sulla scena politica, di aver sottaciuto l'esistenza del progetto alla cittadinanza pur non essendo pensabile che, proprio per la lunga militanza politico amministrativa nel Comune, e per la conoscenza della proprietà della ditta proponente, per la conoscenza profonda della realtà economica del posto, essi non fossero a conoscenza del progetto... I Pasinato hanno negato con forza di conoscere il progetto e di aver fatto alcunchè per la sua realizzazione...".

Ma i dubbi dei cittadini e degli oppositori, in una situazione del genere, scrive il magistrato, appaiono del tutto legittimi. Inoltre ritiene "ragionevole attendersi che amministratori pubblici di lungo corso siano informati delle mire imprenditoriali di più rilevante impatto, visto che le stesse non si costruiscono nel segreto di una sola azienda, ma coinvolgono necessariamente soggetti del luogo in grado di dare tutte le informazioni necessarie sulla fattibilità concreta... Ancora più ragionevole se si possono fondatamente ipotizzare conoscenze personali tra amministratori e proprietari...".

Nell'esame delle frasi finite nel mirino dei due politici, il Gip Furlani inizia da quelle della consigliera Celestina Tessarolo: "Le frasi come 'o venite a prenderci per il fondo schiena', 'raccontate un sacco di balle', esprimono solo con linguaggio colorito e aspro il concetto cardine: non potevate non sapere... Nessun attacco personale gratuito, ma l'espressione della fonte del dubbio, la conoscenza diretta di uno dei proprietari della ditta (Martinello, ndr)". "Anche la frase riferita alla molteplicità di case in giro per l'Italia non porta ad offese - prosegue il giudice - visto che dice solo 'non so come facciate, perché tanto si dorme in una casa sola', rifacendosi più al fatto che i Pasinato potevano scegliere dove andare a stare di giorno in giorno, che a illeciti guadagni". Quindi non attacchi gratuiti "ma solo il dubbio, con frasi forti, che i Pasinato sapessero del progetto da tempo".

Stesse considerazioni per le esternazioni sui blog messe nel mirino da padre e figlia. Parsifal, nickname di Paolo Gobbato, già vicesindaco di Pove, aveva parlato del "ras" di Cassola, termine considerato perfino banale e ormai abusato dal giudice, che ne sottolinea "la piena continenza sia ideologica che linguistica, mentre per Ciuffobianco, Luca Visentin, la frase "presi per il culo" è certamente non educata, scrive il Gip, ma anche quella "più in uso per esprimere il sentimento provato dai cittadini". Inoltre la frase sui samurai, ossia che i politici dovrebbero fare harakiri ma non hanno le palle per farlo, "ha solo il sapore di una boutade ... e parlare di istigazione al suicidio appare, perciò, fuori di luogo" perchè privo di ragionevolezza. Tra le varie espressioni dei blog, tutte considerate normali dal Gip, anche quella di Lisa Fusti, che "ritenendo amici i Pasinato e i titolari della Karizia teme che abbiano preso bustarelle, linguaggio ​certamente sopra le righe ma che mostra solo di temere ciò che è accaduto in molte amministrazioni allorquando vi sono grossi interessi economici in gioco... Il tutto è legato all'affare contestato e non trascende in offese gratuite", ma esprime solo un timore di ciò che altrove si è verificato.

In sostanza, conclude il Gip, nelle frasi postate sui social "si tratta sempre di incredibilità alle parole del sindaco, di disappunto per il progetto, espresso con forme aspre e perciò potenzialmente offensive, usando il linguaggio comunemente usato nei blog, sempre esasperato e paradossale ... disappunto che trova la sua ragione di estrema preoccupazione nella pericolosità dell'operazione e nella rinnovata sensibilità di larga parte della popolazione sul tema della salute ambientale". Frasi che "non hanno mai coinvolto aspetti personali che non siano strettamente legati all'episodio, alla carriera politica della famiglia Pasinato, alla funzione di 'stirpe' di amministratori assunta in quel territorio" e che "non hanno valore diffamatorio, perchè espressione della critica politico amministrativa in un caso di elevata rilevanza pubblica".


Ultimo aggiornamento: 10 Giugno, 18:40 © RIPRODUZIONE RISERVATA