Usa, uccide con il fidanzato la madre che ostacola la relazione: 14enne condannata a 35 anni

Domenica 14 Febbraio 2016 di Federica Macagnone
Usa, uccide con il fidanzato la madre che ostacola la relazione: 14enne condannata a 35 anni
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Un delirio cupo dal quale si è forse risvegliata solo ora, quando davanti al tribunale che l'ha condannata a 35 anni di prigione, senza farle sconti e giudicandola come se fosse un'adulta, ha finalmente detto l'unica cosa che c'era da dire: «Sono stata un mostro. Dopo quello che ho fatto non riesco più, letteralmente, a guardarmi nello specchio». Jamie Silvonek, la 14enne che il 15 marzo 2015 uccise la madre insieme al suo ragazzo 21enne, Caleb Barnes, perché ostacolava il loro fidanzamento, ha finalmente confessato di essere colpevole, arrendendosi del tutto davanti alle accuse di omicidio, associazione a delinquere, inquinamento delle prove, abuso di cadavere. E ha raccontato di aver pianificato l'assassinio per un'intera settimana in piena coscienza, senza nemmeno tentare di giustificarsi. «Ho passato mesi a raccontare bugie su quello che era successo - ha detto alla corte - Non posso andare avanti così per il resto della mia vita. Per me non ci sono scusanti, sapevo quello che facevo, non sono stata influenzata da nessuno, né dal mio ragazzo, né da farmaci o droghe: solo dal mio egoismo». 

Caleb Barnes uccise Cheryl Silvonek, la madre 54enne di Jamie, accoltellandola al collo mentre erano tutti e tre in auto e stavano tornando a casa ad Allentown, in Pennsylvania. Era quello che i due fidanzatini avevano pianificato per giorni e giorni, discutendo su quale arma adoperare e quale tranello usare per tenderle un agguato. Nessuna discussione, invece, sul fatto che Cheryl dovesse morire: era lei il vero ostacolo al loro amore. Poi seppellirono il cadavere a poche miglia da casa, sotto la neve e cumuli di rifiuti, abbandonarono l'auto intrisa di sangue nei paraggi e se ne andarono in un ristorante. Dopo la cena, acquistarono dei guanti e della candeggina e andarono a casa. Dopo poche ore la polizia bussò alla porta, mettendo la parola fine al loro delirio. 

Ora Jamie, che l'11 aprile testimonierà al processo del suo ragazzo, piange e si dispera. «Mia madre era il collante che ha sempre tenuto unita tutta la mia famiglia, me compresa - dice oggi - Non riesco a guardarmi allo specchio sapendo quello che ho fatto. Non c'è punizione al mondo che possa mai farmi soffrire più di quanto sto soffrendo oggi, non c'è nessuna cosa che la gente o i giornali possano dire su di me che possa ferirmi più di quanto io non sia già. Non posso più tornare indietro, non posso più fare nulla per riportarla in vita. Ho una sola speranza: fare qualcosa di buono per gli altri e pensare che mia madre dall'alto possa essere fiera di me, come quando ero bambina e mi diceva orgogliosa: "Guarda quanta strada hai fatto". Non mi resta altro».
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