dal nostro inviato
L'Avana (Cuba) “Anche se le nostre difficoltà non si sono ancora appianate, c'è la possibilità di incontrarsi e questo è bello” il patriarca Kyrill sorride sornione sotto la lunga barba bianca e attende al centro della saletta vip di incontrare “el suo hermano Francisco”.
Papa Francesco lo stringe forte. Dietro le apparenze protocollari si capisce che hanno voglia di capirsi, di intendersi, di aprire una breccia. Il linguaggio del corpo, ancora una volta, è molto più eloquente di mille parole. Si protendono l'uno verso l'altro, mentre sono seduti su due poltroncine. Al loro fianco hanno i traduttori, ma nei primi minuti dell'incontro non servono, perchè sia Francesco che Kyrill comunicano le poche parole simboliche che sanno, l'uno nella lingua dell'altro. Sulla pista dell'aeroporto Josè Martì, ci sono due aerei parcheggiati vicini, uno proveniente da Mosca e l'altro da Roma. “Ora le cose sono più facili” dice Kyrill e Bergoglio: “E' chiaro che si tratta della volontà di Dio. Siamo fratelli”.
A loro disposizione hanno due ore di tempo. Devono affrontare alcuni punti dell'Intesa che si apprestano a firmare. Punti ancora in sospeso. Il testo verrà diffuso solo alla fine dell'incontro. Simbolici i doni scelti. Kyrill ha regalato a Bergoglio una copia della icona di Kazan, la 'patrona' di questo viaggio. Bergoglio ha ricambiato con un calice reliquario di San Cirillo, una delle figure più amate della spiritualità bizantina.