Migranti, Ue: aiuteremo l'Italia per i centri di detenzione

Giovedì 2 Marzo 2017
Migranti, Ue: aiuteremo l'Italia per i centri di detenzione
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«Italia e Grecia avranno il nostro pieno sostegno e aiuto nel creare i centri di detenzione». Così il commissario europeo alla Migrazione Dimitris Avramopoulos.

«Se gli Stati membri non aumenteranno presto i rispettivi ricollocamenti, la Commissione non esiterà ad avvalersi dei poteri ad essa conferiti dai trattati nei confronti di chi non avrà rispettato gli obblighi derivanti dalle decisioni del Consiglio». È poi il monito della Commissione Ue agli Stati membri, aprendo così la possibilità a future procedure di infrazione. Bruxellles avverte inoltre che «l'obbligo giuridico di ricollocare le persone ammissibili non decadrà dopo il mese di settembre».

Secondo la comunicazione, nonostante il nuovo record mensile registrato in febbraio (circa 1.940 relocation) «il ritmo attuale rimane ben al di sotto delle attese e inferiore all'obiettivo approvato dal Consiglio europeo di almeno 3.000 trasferimenti mensili dalla Grecia e a quello stabilito dalla Commissione di almeno 1.500 mensili dall'Italia. Ad oggi, i ricollocamenti sono stati in tutto 13.546, di cui 3.936 dall'Italia e 9.610 dalla Grecia». L'aspetto più importante è che «a questo ritmo non sarà possibile ricollocare entro settembre 2017 tutti i richiedenti ammissibili attualmente presenti in Grecia e in Italia, sebbene di per sé ciò sia perfettamente realizzabile».

Finora solo due Stati membri - Finlandia e Malta - provvedono nei tempi ai propri obblighi nei confronti sia dell'Italia che della Grecia, mentre alcuni - Austria, Polonia e Ungheria - rifiutano qualunque tipo di partecipazione al programma ed altri stanno rispettando gli impegni in misura molto limitata - Bulgaria, Croazia, Repubblica ceca e Slovacchia -. L'Italia, la Grecia, le agenzie dell'Ue e le organizzazioni internazionali hanno aumentato le loro capacità e sono pronte e in attesa di contribuire alla realizzazione degli obiettivi mensili. «Spetta ora agli altri Stati membri - si spiega nel documento - adempiere in ugual misura ai loro obblighi. La Commissione sollecita la presidenza maltese e gli Stati membri a dar seguito all'appello della Commissione in occasione del Consiglio Giustizia e affari interni di marzo».

«Impedire la fuga trattenendo i migranti che lasciano intendere di non voler ottemperare alla decisione di rimpatrio che li riguarda, per esempio rifiutandosi di collaborare nel processo di identificazione o opponendosi in modo violento o fraudolento ad un'operazione di rimpatrio». È un'altra delle azioni sollecitate nella raccomandazioni della Commissione agli Stati, per rendere più efficaci le procedure di rimpatrio.

All'apertura di procedure di infrazione «non ci siamo ancora, ma il messaggio è chiaro: se gli Stati nei mesi a venire non daranno risultati tangibili, non esiteremo a fare uso dei poteri che ci conferiscono i Trattati. Fino ad oggi abbiamo cercato di convincerli, ma se sarà il caso, nel futuro l'infrazione sarà un'opzione», ha poi detto ancora Avramopoulos, che sottolinea: «Non ci sono più scuse per gli Stati sui ricollocamenti, devono attuare», ed annuncia che col ministro della presidenza maltese ha inviato una nuova lettera di sollecitazione a tutti i ministri dell'Interno.

«Gli Stati membri dovrebbero ricorrere ai centri di detenzione quando i migranti irregolari non collaborano o c'è il rischio di fuga, e per un periodo che permetta la definizione della procedura di allontanamento dal territorio. Ed è uno strumento da utilizzare quando non ve ne siano di meno coercitivi, ma efficaci», ha sottolineato ancora il commissario europeo alla Migrazione.

«La direttiva europea sui rimpatri prevede sei mesi per la permanenza in questi centri, ma può essere prolungato fino a 18 in casi molto speciali. In alcuni Paesi la durata massima prevista dalle leggi nazionali è molto più corta, il risultato è che il tempo a disposizione non è sufficiente per ultimare con successo le procedure dei rimpatri. Quindi incoraggiamo gli Stati membri di fare pieno uso della direttiva». «Questi centri non devono essere considerati come campi di concentramento e non c'è azione di respingimento. Tutto avviene nel pieno rispetto dei diritti umani», conclude, spiegando anche che «sui centri di detenzione fuori dall'Europa in passato ci sono state idee ma non ci siamo ancora».

 

Ultimo aggiornamento: 3 Marzo, 09:13 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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