ROMA - Un'esame approfondito paese per paese, iniziato prima
del pranzo e proseguito nel pomeriggio dai rispettivi staff
tecnici. Nell'elenco un primo gruppo di paesi africani
destinatari a breve di sostegni politici, diplomatici e finanziari
in grado di invertire o almeno di frenare i flussi di migranti.
Incontro super operativo tra Matteo Renzi e Angela Merkel ieri a
palazzo Chigi. Sul tavolo una versione del ”migration
compact” molto concreto soprattutto nella parte dedicata ai
progetti di cooperazione con i paesi africani dai quali arrivano i
flussi più importanti di migranti.
SVILUPPO
A mettere giù il piano operativo tecnici ed esperti della Commissione Ue guidati dal neo direttore generale per gli aiuti alla cooperazione, l'italiano Stefano Manservisi, e da Carlo Calenda che da qualche mese guida la rappresentanza italiana a Bruxelles. Tunisia, Senegal, Ghana, Niger, Egitto, Nigeria e Costa d'Avorio i primi sette paesi con i quali l'Unione Europea intende stringere accordi per investimenti infrastrutturali (strade, acquedotti, elettrodotti). Un massiccio piano di aiuti allo sviluppo orientato verso i paesi più esposti alla migrazione. Sette, per ora, ma sedici in tutto. Meno dei trentacinque individuati lo scorso novembre durante il vertice di Malta sull'immigrazione, anche se l'obiettivo è di arrivare a sedici entro il prossimo anno. Denaro permettendo. Il ”no” della Merkel all'emissione di eurobond per l'Africa ha costretto infatti i tecnici a lavorare sull'esistente. Ovvero sui quasi dieci miliardi destinati alla cooperazione già presenti nel bilancio comunitario. La cifra non è da poco, ma l'esigenza di avere «un flusso continuo» come sostenuto da Renzi, non impedirà in futuro di poter immaginare stanziamenti superiori da parte dei Ventotto. «Se ci concentriamo sul bilancio Ue - ha spiegato la Merkel in conferenza stampa - credo che riusciremo a farcela». Il passo avanti fatto dalla Germania non è da poco e spiega il ”no” che a gennaio Renzi disse a Berlino sugli aiuti alla Turchia. Ieri pomeriggio è stata invece la stessa Merkel a ricordare che «con la Turchia abbiamo trovato una soluzione e abbiamo utilizzato una flessibilità stabilita nel patto».
Ultimo aggiornamento: 08:47
SVILUPPO
A mettere giù il piano operativo tecnici ed esperti della Commissione Ue guidati dal neo direttore generale per gli aiuti alla cooperazione, l'italiano Stefano Manservisi, e da Carlo Calenda che da qualche mese guida la rappresentanza italiana a Bruxelles. Tunisia, Senegal, Ghana, Niger, Egitto, Nigeria e Costa d'Avorio i primi sette paesi con i quali l'Unione Europea intende stringere accordi per investimenti infrastrutturali (strade, acquedotti, elettrodotti). Un massiccio piano di aiuti allo sviluppo orientato verso i paesi più esposti alla migrazione. Sette, per ora, ma sedici in tutto. Meno dei trentacinque individuati lo scorso novembre durante il vertice di Malta sull'immigrazione, anche se l'obiettivo è di arrivare a sedici entro il prossimo anno. Denaro permettendo. Il ”no” della Merkel all'emissione di eurobond per l'Africa ha costretto infatti i tecnici a lavorare sull'esistente. Ovvero sui quasi dieci miliardi destinati alla cooperazione già presenti nel bilancio comunitario. La cifra non è da poco, ma l'esigenza di avere «un flusso continuo» come sostenuto da Renzi, non impedirà in futuro di poter immaginare stanziamenti superiori da parte dei Ventotto. «Se ci concentriamo sul bilancio Ue - ha spiegato la Merkel in conferenza stampa - credo che riusciremo a farcela». Il passo avanti fatto dalla Germania non è da poco e spiega il ”no” che a gennaio Renzi disse a Berlino sugli aiuti alla Turchia. Ieri pomeriggio è stata invece la stessa Merkel a ricordare che «con la Turchia abbiamo trovato una soluzione e abbiamo utilizzato una flessibilità stabilita nel patto».