Riforma della Pa arriva la norma per salvare i super dirigenti

Sabato 20 Agosto 2016 di Andrea Bassi
Riforma della Pa arriva la norma per salvare i super dirigenti
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ROMA Un periodo transitorio, forse di soli sei mesi, e poi tutti gli attuali incarichi dirigenziali decadranno. La dirigenza pubblica sarà azzerata, poi toccherà ad una commissione super partes riassegnare gli incarichi, per i quali potranno candidarsi persone che lavorano anche in amministrazioni diverse. Il dirigente di un Comune, tanto per fare un esempio, potrebbe concorrere per il ministero dell'Economia o per la Presidenza del Consiglio. È la logica del nuovo ruolo unico, il calderone nel quale finiranno tutti i dirigenti, senza nemmeno più la distinzione tra la prima fascia (i direttori generali) e la seconda fascia. È il punto più delicato della riforma che sarà discussa nel prossimo consiglio dei ministri dopo la fumata nera del 10 agosto, quando il provvedimento messo a punto dal ministro della Funzione pubblica Marianna Madia era slittato per le forti resistenze di una parte dell'alta burocrazia ministeriale, quei direttori generali che dovranno riconquistare il loro posto che sarà conteso da un numero di colleghi che oggi appartengono anche ai ranghi inferiori della dirigenza statale. Proprio per evitare le barricate, al ministero della Funzione pubblica e a Palazzo Chigi, si sta lavorando ad una norma transitoria che permetta, almeno ai dirigenti di prima fascia, un termine più lungo prima che la riforma dispieghi nei loro confronti tutti gli effetti.

LE IPOTESI
Sul tavolo ci sono al momento due ipotesi. La prima prevede che, nonostante gli incarichi attuali scadano come gli altri, per tutti i dirigenti di prima fascia possa esserci una nuova assegnazione automatica.
A quel punto i direttori rimarrebbero in carica per i prossimi quattro anni, dopo di che anche quei posti diventeranno contendibili. La seconda possibilità presa in considerazione, invece, prevede sempre la scadenza degli incarichi, ma nel primo giro di nuove nomine, gli attuali direttori potrebbero avere un titolo preferenziale rispetto agli altri candidati. Si tratterebbe insomma, di una sorta di clausola di salvaguardia per gli attuali super dirigenti che, però, non cambierebbe l'impianto e la filosofia di fondo della riforma che prevede incarichi a tempo, con una durata massima di quattro anni rinnovabile al massimo per due anni una sola volta.

Avere un incarico per i dirigenti non sarà una questione secondaria. Chi resta senza, perderà immediatamente tutte le voci accessorie della busta paga, che possono valere anche più della metà della retribuzione. Inoltre per ogni anno senza incarico, anche la parte fissa dello stipendio subirà una decurtazione del 10%. Dopo sei anni, e con una valutazione negativa sull'ultimo ruolo ricoperto, il dirigente potrà anche essere licenziato. Questo a meno che non accetti, volontariamente, di essere retrocesso a semplice funzionario. È chiaro che più che una riforma è una vera rivoluzione.
 

I PASSAGGI
Per i dirigenti sarà essenziale riuscire ad ottenere un incarico. Il provvedimento, poi, pone molto l'accento anche sui risultati. Chi non raggiungerà gli obiettivi si vedrà decurtata la retribuzione accessoria fino all'80%. È probabile che la soluzione sulla contendibilità delle posizioni da dirigente di prima fascia che uscirà dal consiglio dei ministri sia comunque provvisoria. Il decreto, come tutti gli altri della riforma della Pubblica amministrazione, dovrà ricevere il parere del Consiglio di Stato e passare per la discussione parlamentare. Non c'è dubbio che sulle norme transitorie e sul ruolo unico si concentreranno la maggior parte degli interventi e delle osservazioni.
 

Ultimo aggiornamento: 21 Agosto, 19:50

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