Tassa sui rifiuti sempre più salata: quest'anno il conto è di 9,1 miliardi di euro

Mercoledì 30 Agosto 2017 di Gi.Fr.
Tassa sui rifiuti sempre più salata: quest'anno il conto è di 9,1 miliardi di euro
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Dai 20 ai 200 euro di più, a seconda dell'attività. La tassa sui rifiuti continua ad aumentare, anno dopo anno. Quest'anno  il conto totale per famiglie e  imprese italiane sarà di 9,1 miliardi di euro.
Per le attività produttive gli aumenti doppieranno l’inflazione. La denuncia arriva dalla Cgia di Mestre.   Tra il 2017 e il 2016 - ha calcolato l'ufficio studi dell'associazione -  i negozi di frutta, i bar, i ristoranti, gli alberghi e le botteghe artigiane subiranno un aumento della tariffa dei rifiuti  tra il 2 e il 2,6 per cento, a fronte di un'inflazione prevista dell'1,2%. Per le famiglie, invece, l’incremento sarà leggermente più contenuto. Per un nucleo con 2 componenti la maggiore spesa sarà del 2 per cento, con 3 dell’ 1,9 per cento e con 4 dello 0,9 per cento.

«Continuiamo a pagare di più   nonostante la produzione dei rifiuti abbia subito in questi ultimi anni di crisi una contrazione di 3 milioni di tonnellate, l’incidenza della raccolta differenziata sia aumentata di 20 punti percentuali e la qualità del servizio non abbia registrato alcun miglioramento. Anzi, in molte grandi aree urbane del paese è addirittura peggiorata» osserva la Cgia di Mestre.
Diventa sempre più urgente, quindi, la definizione di costi standard.  «In questo momento – dice Paolo Zabeo coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA – possiamo affermare con buona approssimazione che con il pagamento della bolletta non copriamo solo i costi di raccolta e di smaltimento dei rifiuti, ma anche le inefficienze e gli sprechi del sistema. Ricordo che secondo l’Antitrust tra le oltre 10mila società controllate o partecipate dagli enti locali che forniscono servizi pubblici, tra cui anche la raccolta dei rifiuti, il 30% circa sono stabilmente in perdita. Una cattiva gestione che la politica locale non è ancora riuscita a risolvere».

      Nel corso degli ultimi anni sono state numerose le novità che hanno riguardato il prelievo dei rifiuti: si è passati dalla Tarsu (Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani) alla Tia (Tariffa di igiene ambientale); nel 2013 ha fatto il suo debutto la Tares (Tassa rifiuti e servizi) e dal 2014, infine, tutti i Comuni applicano la Tari (Tassa sui rifiuti). Quest’ultima tassa si basa sul principio stabilito dall’Ue che “chi inquina paga”, confermando il legame tra la produzione dei rifiuti e l’ammontare del tributo. 
     Con l’introduzione della Tari è stato ulteriormente confermato l’assunto che il costo del servizio in capo all’azienda che raccoglie i rifiuti dev’essere interamente coperto dagli utenti, attraverso il pagamento del tributo.
« E il problema, purtroppo, sta proprio in questo principio» spiegano all'associazione. «Le aziende di asporto rifiuti, di fatto, operano in condizioni di monopolio, con dei costi spesso fuori mercato che famiglie e attività produttive, nonostante la produzione dei rifiuti sia diminuita e la qualità del servizio offerto non sia migliorata, sono chiamate a coprire con importi che in alcuni casi sono del tutto ingiustificati».  
   
«Proprio per evitare che il costo di possibili inefficienze gestionali si scarichi sui cittadini – ricorda il segretario della Cgia, Renato Mason - la Legge di Stabilità 2014 aveva previsto che, dal 2016, la determinazione delle tariffe avvenisse sulla base dei fabbisogni standard. Il Parlamento, successivamente, ha però prorogato tale disposizione al 2018. Pertanto, bisognerà attendere ancora un po’ affinché le tariffe coprano solo il costo del servizio determinato dai costi standard di riferimento».  
Ultimo aggiornamento: 31 Agosto, 12:35 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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