Maternità, le norme a tutela
della donna e del nascituro

Lunedì 26 Settembre 2016 di Bruno Benelli
Maternità, le norme a tutela della donna e del nascituro
Ai 3 mesi previsti si aggiungono i giorni della nascita anticipata o ritardata


Maternità della donna lavoratrice dipendente: capita spesso che la data effettiva del parto  sia diversa da quella presunta indicata sul certificato di gravidanza. La natura fa quello che vuole e perciò la nascita del bambino può avvenire prima o dopo tale data. In questi casi come si conta il periodo di assenza? Bene, la conta viene fatta in modo tale che non si crei alcun danno alla neomamma, e anzi  le si riconoscano in un caso un po’ di giorni di riposo in più.
 
Che cosa prevede la legge
 
La legge e di conseguenza  l’Inps agisce in questo modo.
A - Se il bebè arriva qualche giorno prima della data indicata sul certificato medico, il periodo anticipato (esempio: sette giorni) viene riconosciuto alla donna in aggiunta ai tre mesi  successivi al parto (che diventano tre mesi e sette giorni e quindi recuperano l’anticipo e pareggiano il conto).
B  - Se il bebè arriva qualche giorno dopo la data presunta (esempio: cinque giorni), anche in questo caso il periodo maggiore di attesa si aggiunge all’ordinario periodo post-partum; in sostanza il congedo dopo il parto diventa di tre mesi e cinque giorni e la donna ci guadagna.
 
La data sul certificato di gravidanza
 
Altro problema è quello dell’aborto. Come si comporta l’Inps? Risolve il caso facendo riferimento a due numeri: 180 e 300. Spieghiamo meglio.
1) E’aborto l’interruzione che capita entro il 179° giorno dall’inizio della gestazione. 2) E’ parto l’interruzione che avviene  a partire dal 180° giorno dall’inizio della gravidanza. 3) Per stabilire se è aborto o parto dobbiamo partire dalla data di inizio gestazione. E tale inizio non può che essere quello della data presunta che sta scritta sul certificato di gravidanza, dalla quale si torna indietro di 300 giorni.
 
Interruzione della gravidanza
 
Nel caso di interruzione dopo il 180° giorno la donna può restare assente dal lavoro per i consueti tre mesi, ma può anche decidere di perdere l’indennità Inps e rientrare in fabbrica o in ufficio. Può farlo dando comunque un preavviso di dieci giorni al datore di lavoro e presentando un certificato  che attesti  la non pericolosità del rientro anticipato per la propria salute. Il certificato è rilasciato: a) del medico specialista del servizio sanitario nazionale; b) o dal medico di famiglia convenzionato; c) o, se esiste, dal medico competente dell’azienda in cui  la donna lavora.
 
Il pagamento dei giorni di congedo
 
Vediamo ora come vengono dall’Inps calcolati e pagati i giorni di congedo nel corso di ogni settimana compresa nei periodi. Occorre distinguere tra operai e impiegati/dirigenti.
1 – Per i primi vengono pagati i giorni feriali e scartati i giorni festivi infrasettimanali e le domeniche. Risultato? Al massimo in ogni settimana sono pagati sei giorni.
2  - Per i secondi  sono pagati in pratica tutti i giorni di calendario (sette su sette), fatta eccezione del caso in cui la festività cada di domenica. In questa evenienza tale giorno viene tolto dal numero delle indennità giornaliere, ma solo a condizione che l’azienda per contratto sia per esso tenuta a pagare comunque la retribuzione.
 
Il congedo anche al padre
 

Anche il papà può chiedere il periodo di congedo post-partum al posto della moglie, con il conseguente diritto alla indennità Inps.  La legge ha stabilito in quali ben definiti casi ciò può succedere.  Ecco quali: a) decesso della madre, b) grave infermità della madre che rende impossibile assistere il piccolo, c) abbandono del figlio da parte della madre, d) affidamento esclusivo del figlio al padre.
 
 
Ultimo aggiornamento: 11:18 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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