Pensione anticipata, un prestito da restituire a rate in venti anni

Martedì 31 Maggio 2016 di Andrea Bassi
Pensione anticipata, un prestito da restituire a rate in venti anni
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Il cantiere è aperto, e la costruzione si sta rivelando più complessa del previsto. Per permettere l’anticipo di tre anni dell’uscita dal lavoro, introducendo un elemento di flessibilità nella riforma Fornero, ci sono una serie di equazioni da risolvere per far quadrare i conti. La prima, e probabilmente più difficile, riguarda i meccanismi per contenere il più possibile la penalizzazione sulla futura pensione. Per comprendere bisogna capire bene il meccanismo dell’Ape, l’assegno per la pensione, al quale sta lavorando lo staff di Palazzo Chigi guidato dal sottosegretario Tommaso Nannicini. Per lasciare l’impiego fino a 3 anni prima, ossia a 63 anni e 7 mesi, invece degli attuali 66 anni e 7 mesi, i lavoratori interessati potranno ottenere un prestito che sarà concesso dalle banche ma pagato mensilmente dall’Inps. Quando poi matureranno l’età per la pensione, ossia i 66 anni e 7 mesi, dal loro assegno mensile verrà sottratta una rata per rimborsare questo prestito che ha consentito l’anticipo dell’uscita dal lavoro. La rata, insomma, costituisce la penalizzazione sulla futura pensione. Non ci saranno altre decurtazioni. L’intenzione del governo, è quella di fare in modo che questa «rata» non incida troppo sulla pensione soprattutto quando il reddito è basso. Dunque, come prima cosa, soltanto fino a una certa soglia di reddito, lo Stato si farà carico degli interessi da corrispondere alle banche sul prestito, restituendoli al pensionato tramite una detrazione fiscale. Ma non c’è solo questo. 


IL MECCANISMO
Per provare a mantenere la rata in un range massimo tra il 3% e il 5% per ogni anno di anticipo, il governo starebbe ragionando attorno ad un piano di ammortamento di venti anni. Significa che chi ha ottenuto in prestito i soldi per poter lasciare prima il lavoro, li restituirà a rate costanti per i successivi 20 anni. Non è una questione secondaria. Oggi, secondo i calcoli statistici, le pensioni vengono erogate in media, superstite compreso, per 18 anni. Il periodo di ammortamento del prestito, insomma, sarebbe addirittura più lungo. Per i redditi più bassi (sulla soglia si sta ancora discutendo), inoltre, lo Stato probabilmente si farà carico anche di una quota del rimborso della parte capitale del prestito oltre che degli interessi. E questo sempre per provare a contenere al minimo la penalizzazione in questi casi. Per i redditi più alti, invece, lo Stato potrebbe lasciare a carico del pensionato, non solo la restituzione della parte capitale del prestito, ma anche degli interessi. In questo caso la penalizzazione per ogni anno di anticipo sarebbe decisamente maggiore, e potrebbe arrivare anche all’8-9%, rendendo decisamente poco conveniente aderire all’anticipo pensionistico. 

Un altro punto che sarebbe stato chiarito, è che a poter lasciare fino a tre anni in anticipo il lavoro, non saranno soltanto i dipendenti privati, ma la possibilità sarà data anche ai dipendenti pubblici. Un’apertura che potrebbe interessare soprattutto le donne «statali» che oggi vanno già in pensione a 66 anni e 7 mesi mentre le colleghe del privato, dopo l’aumento scattato a inizio di quest’anno, possono ancora lasciare un anno prima. Che di limature al progetto del governo ce ne siano ancora da fare, lo dimostrano anche le parole pronunciate ieri dallo stesso Nannicini, che ha aggiornato il timing del confronto con i sindacati su pensioni e lavoro spostandolo a giugno. 

 

Ultimo aggiornamento: 1 Giugno, 14:42 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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