Unioni civili e coppie di fatto,
che cosa cambia da giugno

Lunedì 30 Maggio 2016 di Vincenzo Malatesta
Unioni civili e coppie di fatto, che cosa cambia da giugno
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Sì alla comunione dei beni tra conviventi. Mutui, interessi detraibili


La legge che disciplina le coppie di fatto introduce una serie di novità nei rapporti patrimoniali fra i partner, a partire dall’uso della casa familiare. Vale la pena di approfondirle.
 
Matrimoni & patrimoni
 
Per le coppie omosessuali ci sono le unioni civili, che prevedono diritti e doveri e che le avvicinano a quelle sposate. Poi ci sono le convivenze di fatto, per coppie etero e same sex, che dispongono solo obblighi reciproci. Nelle unioni civili si applica il regime della comunione dei beni, a meno di accordi contrari. Al partner spetta dunque il trattamento di fine rapporto maturato oltre che la pensione di reversibilità. Per la successione valgono le norme sui matrimoni: al superstite va la quota di legittima, vale a dire il 50 per cento e il resto va a eventuali figli (che prima della riforma sarebbero stati unici beneficiari di reversibilità, eredità e Tfr maturato dal genitore).
 
Sì alla detrazione degli interessi passivi
 
Secondo l’analisi compiuta da Mutui.it in collaborazione con Facile.it ognuna delle parti di un’unione civile potrà non soltanto detrarre la propria quota di interessi passivi - il 19 per cento fino a un massimo di 4 mila euro - ma anche detrarre il 100 per cento se ha fiscalmente a carico il partner. E può anche accadere, come nelle famiglie tradizionali, che dopo la separazione la casa sia assegnata a uno e che l’altro continui a pagare le rate senza avere la residenza nell’immobile.
 
A pena di nullità "contratto" registrato
 
Passiamo alle convivenze di fatto. I partner possono regolare i rapporti economici della loro vita comune con un contratto di convivenza: va redatto in forma scritta a pena di nullità con atto pubblico o scrittura privata e sottoscrizione autenticata dal notaio o dall’avvocato. Il patto disciplina la residenza, il contributo di ciascuno al ménage e il regime patrimoniale, che può essere la comunione dei beni. E non può essere sottoposto a termine o condizione.
 
Termine congruo

In caso di risoluzione se chi recede dall’accordo ha la disponibilità esclusiva della casa familiare deve concedere al convivente un termine di almeno novanta giorni per lasciare l’abitazione, a pena di nullità della dichiarazione. Sul punto la legge si rifà alla giurisprudenza della Cassazione: con la sentenza 7214/13 la suprema corte ha chiarito che la famiglia di fatto è una delle formazioni sociali tutelate dalla Costituzione e che, finita la relazione affettiva, il partner proprietario dell’abitazione deve concedere all’altro un termine congruo per trovarsi un’altra sistemazione.
 
Se il partner muore per 5 anni residenza garantita
 
Poniamo invece che muoia il proprietario della casa dove i conviventi di fatto hanno la residenza comune: in tal caso il partner superstite ha diritto di continuare a vivere nell’abitazione nella stessa per due anni o per un periodo pari alla convivenza se superiore a due anni e comunque non oltre i cinque anni. E se nella casa vivono figli minori o disabili del convivente superstite, quest’ultimo ha diritto di continuare ad abitarvi per almeno tre anni. Il diritto alla casa viene meno quando il partner superstite non vi abita più stabilmente o in caso di matrimonio, di unione civile o di nuova convivenza di fatto.
 
Affitti, il convivente succede nel contratto
 
Veniamo alla locazione. Se l’inquilino muore o recede dalla locazione della casa dove la coppia ha la residenza comune il convivente di fatto ha facoltà di succedergli nel contratto. E per le case popolari? I conviventi di fatto possono godere del titolo o della causa di preferenza nelle graduatorie per l’assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica costituito dall’appartenenza a un nucleo familiare.
 
Così la risoluzione per accordo delle parti
 
Se dal contratto di convivenza derivavano diritti reali immobiliari al relativo trasferimento deve provvedere un notaio. Il contratto di convivenza si risolve per accordo delle parti, recesso unilaterale, matrimonio o unione civile tra i conviventi o tra un convivente e un’altra persona, oltre che per morte di uno dei contraenti. La risoluzione del contratto di convivenza determina lo scioglimento della comunione dei beni. E in caso di recesso unilaterale, il notaio o l’avvocato che ricevono l’atto devono notificarne una copia all’altro contraente.
 

Ultimo aggiornamento: 14:44 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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