Mediaset, indagato il vertice di Vivendi per la scalata ostile

Sabato 25 Febbraio 2017 di Claudia Guasco
Mediaset, indagato il vertice di Vivendi per la scalata ostile

Lo scorso 12 dicembre Vivendi annuncia di possedere il 3% di Mediaset e di puntare al 20%. Ventiquattr'ore dopo viene consegnata alla Procura di Milano la denuncia firmata dall'amministratore delegato di Fininvest Danilo Pellegrino: «Tale acquisizione - scrive - appare l'evidente completamento di una ben precisa strategia messa in atto da Vivendi per acquisire azioni Mediaset a un prezzo artificiosamente diminuito del 30% rispetto a pochi mesi or sono proprio per effetto dell'allora incomprensibile atteggiamento di rifiutarsi di onorare il contratto definitivo di acquisizione di Mediaset Premium». Viene aperto un fascicolo che ora ha due indagati principali: l'azionista di maggioranza di Vivendi, Vincent Bollorè, e l'amministratore delegato Arnaud De Puyfontaine.

CROLLO ARTIFICIOSO
Aggiotaggio è il reato ipotizzato nell'inchiesta coordinata dai pm Fabio De Pasquale e Stefano Civardi, che hanno già ascoltato diversi testimoni tra cui Tarak Ben Ammar, consigliere di amministrazione di Vivendi e di Telecom e gran mediatore tra Bollorè e Berlusconi nelle trattative su Premium. Ha portato una montagna di documenti e altri sono stati acquisiti dai magistrati. Mentre la Consob, nell'ambito dei suoi accertamenti, ha convocato i rappresentanti di Mediaset il 22 dicembre e de Puyfontaine il giorno successivo. Obiettivo delle indagini è capire se il valore del titolo Mediaset sia stato artatamente fatto crollare dal finanziere bretone con la disdetta dell'accordo per l'acquisizione di Premium per rastrellare titoli del Biscione a prezzi d'occasione. Stando alla memoria difensiva depositata dai legali di Fininvest il 22 dicembre, sarebbe andata proprio così e il primo segnale delle manovre dei francesi risale al 12 maggio 2016, quando «Vivendi ha immotivatamente disertato un significativo incontro con i rappresentanti dell'Uefa, fissato proprio per illustrare all'organizzazione che aveva licenziato a Premium i diritti sula Champions League il nuovo assetto proprietario della pay-tv italiana», si legge nel documento.

PLUSVALENZE
Lo stesso giorno Vivendi sferra il primo attacco a Mediaset, con una comunicazione «in cui lamenta che Premium sarebbe stata priva di alcune autorizzazioni amministrative necessarie per trasmettere il segnale televisivo in digitale». Passa un mese e il 21 giugno arriva una lettera di de Puyfontaine che «in maniera totalmente strumentale contesta il business plan di Premium, che peraltro non rientrava nel perimetro delle garanzie contrattuali». Il primo luglio i due management si incontrano per discutere «della futura collaborazione tra Mediaset e Vivendi, anche attraverso la possibilità di creare una newco attiva nel mercato televisivo italiano», ma quando arriva il momento di mettere la firma sul contratto per l'acquisto di Premium, Vivendi rimescola le carte con una nuova proposta contrattuale «radicalmente diversa da quella sottoscritta ad aprile».

Il 25 luglio l'accordo salta, il 26 il titolo Mediaset crolla in Borsa e da questo momento - non da dicembre come comunicato ufficialmente al mercato, secondo la memoria - Bollorè avrebbe cominciato a rastrellare i titoli del Biscione. E lo si evince, precisa il documento, dall'analisi degli scambi di azioni Mediaset in Borsa avvenuti il 14 dicembre, quando Vivendi comunica di aver raggiunto il 20% del gruppo italiano: avrebbe acquistato il 7,68% del capitale Mediaset che corrisponde a 90,718 milioni di azioni, ma gli scambi complessivi di quel giorno sui valori del Biscione si sono fermati a quota 83 milioni di titoli.

«E' evidente - puntualizza il documento - che se Vivendi è salita in quella giornata al 20% è solo grazie a operazioni su strumenti derivati, effettuate fuori dai mercati e verosimilmente negoziate in forza di precedenti accordi (call option)». Da dove vengono quei titoli, con che soldi sono stati acquistati e qual è «la sorte finale» della «enorme plusvalenza»? Circola voce che a rastrellare la maggior parte dei titoli sia stata la banca d'affari francese Natixis, concependo l'operazione come una sorta di portage a favore di Bollorè. Dopo il crollo del titolo, calcola Fininvest, «il 10% di Mediaset era acquisibile con 250 milioni di euro», le transazioni successive «ne hanno portato il valore a oltre 500 milioni di euro, con una plusvalenza di oltre il 100%».
 

Ultimo aggiornamento: 26 Febbraio, 09:53 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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