Italia ferma, cambia la manovra: risorse concentrate sullo sviluppo

Sabato 13 Agosto 2016 di Luca Cifoni
Pier Carlo Padoan

Una manovra impostata in modo selettivo, con pochi interventi concentrati sulla priorità della crescita. Non cambia molto, apparentemente, la linea del ministero dell'Economia in vista della sessione di bilancio: il rallentamento del secondo trimestre, atteso anche se probabilmente non con questa intensità, viene collegato alle incertezze del quadro internazionale e in ogni caso letto insieme ad altri segnali che potrebbero risultare più favorevoli.

È chiaro che dello zero tondo congiunturale segnalato dall'Istat (che comunque dovrà essere confermato a settembre) il governo prenderà atto al momento di rivedere le stime macroconomiche e quelle di finanza pubblica, tra poco più di un mese. Naturalmente non potranno essere mantenute le previsioni di crescita formulate in primavera, che parlavano di un prodotto in crescita dell'1,2 per cento quest'anno e dell'1,4 (come valore programmatico) il prossimo: nel 2016 il nuovo target sarà al di sotto dell'1 per cento ed il possibile miglioramento nel 2017 sarà comunque modesto.

Per quanto riguarda il deficit, con l'Unione europea è stato sostanzialmente concordato un livello pari all'1,8 per cento del Pil il prossimo anno. La crescita più lenta porta con sé anche un ampliamento del disavanzo, soprattutto per le minori entrate fiscali: se il peggioramento del ciclo economico fosse pari a mezzo punto di Pil, ipoteticamente l'ammanco sarebbe di circa la metà, in valore assoluto qualcosa come 3-4 miliardi. In altri tempi, questo sarebbe stato un importo da recuperare, con la legge di Stabilità o addirittura in corso d'anno con una manovra correttiva.
 
Stavolta però prevale l'idea che l'obiettivo primario è spingere la crescita ed evitare a tutti i costi che questa frenata, condivisa con il resto d'Europa, si trasformi per noi in una seconda recessione.

L'impianto delineato con il Documento di economia e finanza della scorsa primavere prevedeva per il 2017 una correzione dei conti pari a circa mezzo punto di Pil, 8-9 miliardi. Ad un deficit tendenziale stimato all'1,4 per cento andava sommato un altro 0,9 (15,1 miliardi in cifra assoluta) necessario per scongiurare gli aumenti Iva e di altre imposte non disattivati con la precedente legge di Stabilità. Da un rapporto disavanzo/Pil così arrivato al 2,3 per cento occorreva scendere al traguardo dell'1,8.

All'interno di questo schema, anche se il governo riuscisse ad ottenere da Bruxelles un maggiore margine di tolleranza, ci sono comunque una serie di voci da aggiungere. I provvedimenti su cui si ragiona al tavolo con i sindacati che si occupa di previdenza valgono un paio di miliardi. Altre risorse dovranno poi andare a rafforzare il sistema produttivo: l'obiettivo di incentivare la contrattazione di secondo livello passerà sia per sgravi Irap selettivi sia per un incremento della attuale dote destinata alla specifica detassazione Irpef per i lavoratori.

E mentre proseguirà il decalage degli incentivi per le nuove assunzioni, il governo intende porre le basi di un calo strutturale del costo del lavoro, destinato a tutti i dipendenti e non solo a quelli che stipulano un nuovo contratto. Lo strumento potrebbe essere una riduzione di alcuni punti dei contributi sociali. Quanto all'Irpef, le chances di una sua riduzione generalizzata sono comprensibilmente in calo, anche se il premier Renzi potrebbe essere comunque tentato di azionare questa leva. È invece scritto nella legge e nel bilancio dello Stato il calo dell'Ires per le imprese, che quindi non assorbirà risorse aggiuntive. Infine va resa più robusta la spinta agli investimenti. Dal lato dei mezzi di finanziamento, gli strumenti a disposizione restano la revisione della spesa (favorita anche dalle nuove regole contabili) e il taglio delle agevolazioni fiscali. C'è anche la riapertura della voluntary disclosure (l'operazione per il rientro dei capitali dall'estero) che a questo punto potrebbe essere tarata su maggiori incassi.

Un discorso a parte riguarda il debito pubblico.

Il dato reso noto ieri non è brutto, visto che include la massiccia emissione di titoli a tassi molto convenienti e al di là delle effettive necessità di cassa. Ma il governo ha un obiettivo politico, ridurre per la prima volta dopo otto anni l'incidenza sul Pil, obiettivo che va al di là delle regole europee e significa credibilità sui mercati. Nella nota diffusa ieri dal Tesoro si parla prudentemente della possibilità di «avvicinare» questo obiettivo anche grazie alla privatizzazione Enav e alla cessione di una nuova quota di Poste.

Ultimo aggiornamento: 14 Agosto, 16:24 © RIPRODUZIONE RISERVATA