Cretu: «Fondi europei, ora il Sud dimostri che la lezione anti-ritardi è servita»

Sabato 13 Agosto 2016 di Nando Santonastaso
Cretu: «Fondi europei, ora il Sud dimostri che la lezione anti-ritardi è servita»
Commissaria Cretu, il Cipe ha sbloccato i Fondi sviluppo e coesione destinati ai Patti per il Sud: è la strada giusta per aiutare il Mezzogiorno a risolvere i suoi problemi?
«Apprezzo qualsiasi iniziativa che miri a rafforzare la convergenza e la coesione tra le regioni italiane, e auguro alle autorità italiane che tale misura rappresenti un pieno successo. Desidero esortare le autorità a indicare obiettivi precisi da raggiungere e ad adottare un approccio orientato alle prestazioni, come abbiamo fatto nel quadro della politica di coesione riformata 2014-2020. Ho già avuto modo di affermare in numerose occasioni, come durante le mie visite nell’Italia del Sud, che siamo impegnati nell’aiutare le regioni italiane perché possano beneficiare appieno dei Fondi strutturali e di investimento europei, e intendiamo fornire tutta la consulenza e l’assistenza necessaria».

Ecco, a che punto è la spesa dei Fondi strutturali 2014-2020 nelle regioni del Sud?
«Dovunque in Europa ci troviamo a un punto di svolta, che ci impone di chiudere con successo il periodo 2007-2013 e di attuare in modo efficiente la spesa per il periodo 2014-2020. La Commissione ha aiutato gli Stati membri a lanciare l’attuazione in maniera “morbida”, fornendo loro il sostegno tecnico di cui avevano bisogno. In Italia - come del resto in altri Stati membri - il processo di designazione delle autorità di gestione e di controllo non è ancora stato completato. E fintantoché non si sarà provveduto, nessuna domanda di pagamento potrà essere inviata alla Commissione. I controlli iniziali miglioreranno il controllo dei fondi e ridurranno il numero di errori a lungo termine».
 
Sono migliorate le strutture regionali che dovrebbero fare da supporto all’attuazione dei piani di spesa dei fondi europei?
«In passato, tramite l’apposita task force per una migliore attuazione dei programmi, abbiamo lavorato intensamente insieme alle autorità italiane al fine di attuare i programmi relativi al periodo 2007-2013. Abbiamo messo a punto piani d’azione specifici per la Calabria, la Campania e la Sicilia, garantendo che i fondi dell’UE venissero spesi in modo efficiente e strategico. Mi sono congratulata con le autorità italiane per gli sforzi compiuti durante tale esercizio, che giudico di importanza strategica per tali regioni in un momento di difficoltà economiche e finanziarie. Ma ora è il momento di dimostrare che abbiamo imparato le lezioni del passato».

E quindi?
«Dobbiamo applicare i metodi efficaci di cui si è avvalsa la task force anche nel periodo 2014-2020. Come sappiamo, la vera sfida è rafforzare la capacità delle amministrazioni locali del Sud Italia di sviluppare progetti che convoglino progetti maturi e di realizzarli entro i termini. Ecco perché nel quadro delle discussioni sui programmi 2014-2020 abbiamo cooperato strettamente con le autorità italiane per rafforzare la capacità amministrativa. Abbiamo invitato tutte le amministrazioni responsabili a elaborare i cosiddetti “Piani per il potenziamento amministrativo (“PPA”), per individuare le lacune nelle proprie strutture amministrative e le misure da adottare per porvi rimedio. Attualmente stiamo monitorando i progressi sul campo e fornendo alle autorità assistenza e consulenza mirata».

Ma è possibile, ad esempio, destinare risorse anche all’accoglienza dei migranti e alla loro inclusione sociale?
«I fondi possono favorire l’integrazione dei migranti finanziando progetti in campo sociale e nel settore delle infrastrutture scolastiche, degli alloggi, dell’assistenza ai bambini e della sanità, ma anche sostenendo le start-up, i corsi di lingue o la formazione professionale. Nel settembre 2015 abbiamo detto che eravamo pronti ad essere flessibili, modificando i programmi della politica di coesione in modo da reagire alle nuove esigenze legate alla sfida della migrazione, decidendo caso per caso, su richiesta delle autorità nazionali. In questo contesto, nel febbraio 2016 abbiamo modificato il programma “Sicurezza” 2007-2013, per reindirizzare alcuni finanziamenti del FESR verso le operazioni di salvataggio dei migranti in mare. La crisi dei rifugiati dimostra che la nostra politica deve essere più flessibile e conciliare la necessità di un quadro di investimenti stabile con l’imperativo di rispondere alle nuove priorità europee. Lungo tale asse si svilupperanno le nostre principali riflessioni per la politica di coesione dopo il 2020».

La crescita in Italia e in Europa rallenta ancora, non c’è il rischio che a cominciare dai giovani il futuro sia di nuovo molto incerto?
«Per garantire il ritorno a una crescita sostenibile e una ripresa economica duratura servono politiche fiscali e macroeconomiche sane, ma dobbiamo anche attuare un ambizioso programma di riforme strutturali e di politiche efficaci in materia di investimenti pubblici. Siamo partiti lanciando il piano di investimenti per l’Europa per stimolare il finanziamento degli investimenti. A poco più di un anno, in Italia abbiamo già 13 progetti infrastrutturali e di innovazione nel quadro del Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS), che rappresenta il fulcro del nostro piano di investimenti, e 30 accordi approvati con banche o fondi intermediari, di cui beneficiano direttamente le piccole imprese. In Italia, i fondi strutturali e di investimento europei 2014-2020 investiranno quasi 21 miliardi di euro in progetti di sostegno alle pmi, stimolo a ricerca e innovazione, promozione di occupazione sostenibile e di qualità. Combinare i Fondi strutturali e di investimento europei e il FEIS può garantire che il piano di investimenti abbia un maggiore impatto nelle regioni e nei settori in cui finora il ricorso al piano è stato limitato».

Già, e i giovani?
«È purtroppo vero che attualmente la loro situazione sul mercato del lavoro è precaria, specie per i giovani dotati di scarse qualifiche o privi di esperienze lavorative precedenti. Abbiamo anche constatato che anche i giovani con qualifiche elevate incontrano difficoltà nel trovare un posto di lavoro, o perlomeno un lavoro che corrisponda ai propri talenti e alle proprie aspirazioni. Eppure ben il 40% dei datori di lavoro europei riferisce di non riuscire a trovare persone dotate di competenze adeguate per crescere e innovare. Siamo dunque di fronte a un evidente squilibrio tra domanda e offerta sul mercato del lavoro: ecco perché all’inizio di giugno abbiamo presentato la nostra agenda per nuove competenze per l’Europa. L’obiettivo è aumentare i livelli di competenza, promuovere le competenze trasversali e riuscire a individuare con maggiore anticipo le esigenze del mercato del lavoro».

Ma che ne sarà di Garanzia giovani? Verrà prorogata ancora e in che termini?
«La garanzia per i giovani punta a lottare contro la disoccupazione giovanile garantendo che tutti i giovani al di sotto dei 25 anni ricevano un’offerta di lavoro valida entro 4 mesi dalla fine degli studi o dall’inizio della disoccupazione. Oggi, a tre anni dalla sua adozione, possiamo affermare che la garanzia per i giovani ha stimolato gli Stati membri perché aiutassero i giovani ad accedere al mercato del lavoro. Inoltre, per fornire ulteriori aiuti alle regioni gravate da un tasso di disoccupazione giovanile molto elevato, ovvero superiore al 25%, abbiamo lanciato l’iniziativa a favore dell’occupazione giovanile, dotata di un bilancio di 6,4 miliardi di euro per il periodo 2014-2020. Devo dire che sia la garanzia per i giovani che l’iniziativa a favore dell’occupazione giovanile stanno iniziando a dare frutti: ad esempio il tasso di disoccupazione giovanile in Italia è sceso di circa 3 punti percentuali tra il 2014 e il 2015. In autunno la Commissione pubblicherà una relazione sullo stato di attuazione della garanzia per i giovani e dell’iniziativa a favore dell’occupazione giovanile. Avremo così modo di individuare le principali sfide e di discutere sul miglior modo di affrontarle».
Ultimo aggiornamento: 19:23 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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