Calzature, il lusso veneto corre ancora grazie all'export

Martedì 24 Dicembre 2019
Siro Badon, presidente di Assocalzaturifici e uscente di Acrib
VENEZIA - Calzaturiero: il Veneto tiene con una Riviera del Brenta in salute per un settore che vede aumentare ancora l'export ma diminuire la produzione.
I dati del 2019 elaborati dal centro studi di Confindustria Moda per Assocalzaturifici descrivono un comparto che segna un aumento del 6,7% dell'export in valore e un calo della produzione (-2,9% in quantità rispetto all'analogo periodo dell'anno precedente) e degli acquisti delle famiglie (- 3,3% in quantità). Questi i dati più significativi evidenziati nella nota congiunturale relativa ai primi nove mesi 2019, elaborata dal Centro Studi Confindustria Moda per Assocalzaturifici. Per quanto riguarda i consumi interni, nessun miglioramento significativo dopo l'estate: gli acquisti delle famiglie registrano una contrazione del -3,3% in quantità nei primi 9 mesi, con un -2,6% in valore. Unico comparto in espansione quello delle calzature sportive e sneakers (+ 1,5% in volume e +3,5% in spesa). Battuta d'arresto invece per le scarpe classiche per uomo (nell'ordine del 10% in volume) e donna (- 6%).
«La tendenza ormai è delineata per il 2019, chi lavora per le griffe internazionali e ha marchi consolidati vede aumentare le sue esportazioni - spiega Siro Badon, presidente di Assocalzaturifici, imprenditore padovano della De Robert e presidente in uscita dell'Acrib presidio del lusso made in Italy da 2,1 miliardi di fatturato nel 2018 -. Una situazione che si riflette nella Riviera del Brenta dove la cassa integrazione a fine anno è in diminuzione di circa il 18-19%, un dato più accentuato sulla provincia di Padova. La nostra è una delle territoriali che sta soffrendo meno delle altre grazie anche all'export: pensavo che il 2019 potesse essere un anno difficile, in chiaro e scuro, ma invece oggi - con il portafoglio ordini chiuso da tempo i giochi sono ormai fatti - mi sento di dire che alla fine anche il 2019 è stato confortante visto che nel nostro distretto l'export vale oltre il 90% del fatturato totale. I volumi sono in leggera diminuzione, mentre valori ed esportazioni mostrano un discreto aumento. Anche la scarpa sportiva di Montebelluna non sta andando male e questo mi fa pensare che è tutto il Veneto a tenere botta a differenza di altre regioni come le Marche che stanno soffrendo pesantemente le sanzioni verso la Russia». L'andamento positivo dell'export si è registrato a fronte comunque di un calo contenuto in quantità (-0,8% nei primi 8 mesi dell'anno, ma che sale fino al -4,2% per le calzature in pelle) e un prezzo medio in ascesa del + 7,5%. Tra i mercati, segnali incoraggianti dalla Svizzera (+24,2% in valore) e dalla Francia (+9% sia a valore che a volume) che insieme coprono globalmente quasi 1/3 delle vendite estero in valore. Bene anche gli Usa (+ 11,6% a valore).

Badon prevede un 2020 ancora discreto: «Mi auguro che si continui con questo trend anche l'anno prossimo. Ormai circa il 60-70% degli operatori italiani lavora in collaborazione con le griffe e per loro non vedo problemi. Chi sta soffrendo sono le piccole realtà sotto i 15 dipendenti e chi non ha ancora un marchio strutturato», spiega l'imprenditore della De Robert di Saonara (Padova), una settantina di addetti più i sei di famiglia impegnati direttamente e l'indotto: «Il 2019 chiuderà con un aumento del fatturato del 18%, dovremo chiudere attorno ai 15 milioni».
INVESTIRE SUI GIOVANI
In generale Bedon descrive un momento di passaggio: «Il successo delle nostre calzature all'estero che conferma l'appeal del made in Italy sui mercati internazionali è ridimensionato dalla contrazione nei volumi che si traduce in una flessione della produzione e degli addetti. In questo momento di sofferenza dei consumi interni dovremmo tirar fuori l'orgoglio nazionale e sostenere le nostre imprese acquistando più scarpe italiane. Quelle creazioni sfornate da piccoli produttori che tutto il mondo ci invidia e talvolta noi sottovalutiamo per pura moda esterofila. Al comparto ribadisco ancora una volta che è necessario puntare sempre di più sui giovani e sull'innovazione». Anche perché gli imprenditori sono convinti che dovranno fare da soli: quasi la totalità ritiene infatti che le misure contenute nel Def 2020 non saranno in grado di attivare ricadute positive sulle aziende.
 
Ultimo aggiornamento: 17:34 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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