FIRENZE - Era un'attesa nell'attesa.
ASSOLI
Il boato che accompagna l'ingresso dei RHCP sul palco (ieri, nella terza giornata di Firenze Rocks, il festival organizzato da Live Nation che si chiuderà oggi con Metallica e Greta Van Fleet, sono stati preceduti dal rapper genovese Tedua - non sarà come per i Maneskin con i Rolling Stones, ma anche lui avrà qualcosa da raccontare ai nipoti - e dall'americano Nas) è dedicato soprattutto a lui, che già sull'intro lascia partire uno dei suoi assoli. È lo stesso Frusciante a lanciare le note che scatenano il tripudio di Can't stop, brano di punta di By the way, del 2003. Da allora, la band ha attraversato molte fasi fino ad arrivare a Unlimited Love, album uscito lo scorso 1 aprile e diventato il fulcro di questo tour mondiale (partito da Siviglia il 4 giugno, si concluderà negli Usa a ottobre). Tra queste, anche due dischi con Klinghoffer alla chitarra, I'm with You (2011) e The Getaway (2016). Un periodo di cui nella scaletta del concerto di Firenze però non c'è traccia, ed è un peccato: i brani di The Getaway hanno una gran resa dal vivo.
Ma non è il momento di guardare al passato, o meglio a quel passato. Perché questi sono i Red Hot di Frusciante. E allora ecco Dani California e Charlie, che aprono la strada alla prima canzone tratta da Unlimited Love, These Are The Ways: è qui che esplode la linea ritmica dei RHCP, con il basso di Flea che fa da contraltare alla batteria di Chad Smith. Il riff iniziale di The Zephyr Song porta l'arena indietro nel tempo, mentre i Red Hot non smettono di saltare a petto nudo. Arrivano in successione Aquatic Mouth Dance, Snow (Hey Oh).
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IL GRAN FINALE
«È il momento di rallentare», dice Kiedis a Flea. «Sì, sono stanco», risponde lui. E parte, violentissima, Nobody Weird Like Me, da Mother's Milk del 1989. Eccolo lo spirito dei RHCP: continuare a muoversi come se non fosse mai passato un giorno, anche se la voce di Anthony tradisce una certa fatica. Flea e Frusciante parlano spesso tra di loro, come in una jam session in sala prove. Il pubblico scandisce il nome di John, gli altri membri della band lo applaudono, lui non smette di sorridere. Dopo un assolo, Kiedis va da lui e gli mostra il braccio: «Mi hai fatto venire la pelle d'oca». Parte Whatchu Thinkin', poi il giro di basso iniziale di Otherside solleva un'ovazione. Dopo The Heavy Wing, altro riff e altro boato: è per Californication, che precede uno dei pezzi più riusciti dell'ultimo album, Black Summer. È il momento del gran finale, con la potenza liberatoria di Give It Away e By The Way. Uno show di un'ora e mezza che non poteva che chiudersi con il ritmo nelle ossa e con una consapevolezza: utilizzare termini come ritorno, per i Red Hot Chili Peppers, è impreciso. Semplicemente, non se ne vanno mai.