Eddie Vedder incanta Firenze: il palco diventa spazio intimo

Domenica 25 Giugno 2017 di R. Sp.
Eddie Vedder
FIRENZE - «Sono qui per la prima volta senza la mia band ed è il più grande concerto solista che abbia mai fatto. Questo succede solo in Italia. Grazie per avermi fatto entrare nella vostra estate». Eddie Vedder sabato sera al Firenze Rocks Festival ha regalato un concerto di cui ci si ricorderà, all'interno del tour senza Pearl Jam e senza dischi in promozione, per il semplice gusto di suonare (cosa che non fa più nessuno a quei livelli), preceduto dall'irlandese Glen Hansard. Si bissa stasera e domani a Taormina.

Vedder è capace di trasformare anche un Ippodromo con oltre 40.000 persone in uno spazio di intimità. Con chitarra o ukulele, bottiglia di vino rosso per brindare, piazza voce e anima al centro, come se fosse lì non per tutti ma per ognuno, e prova piacere a raccontare storie, a confessarsi, a dire la sua senza mai farsi portavoce, confermandosi solo un uomo che ha opinioni oneste.

Lo aiuta il palco a creare un'atmosfera raccolta, essenziale, una specie di studio di registrazione vecchia maniera e una scaletta libera e dinamica, molti brani del gruppo che reggono anche senza l'arsenale elettrico, da I Am Mine a Elderly woman behind a small counter, la perfetta Black, Wishlist, Better Man, molte cover da Trouble di Cat Stevens a The Needle and the Damage Done e Rockin' in the free world di Neil Young, che diventa inno collettivo alla bellezza della musica, il duetto accorato con Hansard in Falling Slowly, Comfortably Numb dei Pink Floyd suonata con l'organo, Imagine di John Lennon a cui ha partecipato il cielo con una lunghissima stella cadente.

TERRE SELVAGGE
A rapire sono i brani della splendida colonna sonora che compose per Into the wild-Nelle terre selvagge, film di Sean Penn indissolubile dalla storia vera di Christopher McCandless e della sua avventura fino ai ghiacci dell'Alaska. Un viaggio che con Society e Guaranteed (che ha incassato il Golden Globe) Vedder ripercorre a tappe, spoglie, suggestive, misurandosi in altezze e crolli, fino al sigillo di Hard Sun. Non tutti gli artisti vengono accolti sul palco con una standing ovation preventiva. A Vedder invece capita spesso, applausi a prescindere da come sarà il live, per celebrare quello che finora lui è stato, ciò che ha rappresentato per il suo pubblico, con e senza Pearl Jam.

Due ore intense e generose. Lui sul palco sta quanto vuole, anche a sue spese, come è successo a Dublino, dove ha pagato una multa di 25.000 per proseguire oltre l'orario consentito. E il pubblico se lo tiene stretto, soprattutto dopo la morte di Chris Cornell, al quale sta facendo commoventi omaggi fraterni. L'era grunge si è portata via le sue voci, ma la sua resta, così distinguibile, amata o odiata, imitatissima e così sua.

Negli anni 90 con la band trovò un suo modo per defilarsi dal sistema che li aveva lanciati e incastrati, ridusse la visibilità al minimo, rinunciando alle consuete spinte promozionali e ai presenzialismi televisivi, continuando a indossare anonime camicie di flanella, a dedicarsi all'attivismo e al surf, non quello che evoca disimpegno, sole e donne in bikini, ma quello dell'oceano al mattino, quando l'acqua è vetro e le onde minacciano fra la nebbia. Oggi appare sereno Vedder ma sugli accordi continua a parlare di posti bui ed emotivamente si mantiene sul ciglio del burrone, perché, dice, è solo da lì che si vede tutto. Quel panorama sa mostrarcelo come nessuno.
Ultimo aggiornamento: 30 Giugno, 19:11 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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