Su Blu celeste, a metà concerto, l'Ippodromo delle Capannelle si trasforma in una distesa di flash che sembra infinita. La scena è più o meno la stessa dello show di qualche giorno fa alle Mura Storiche di Lucca, vista nel video condiviso da Blanco sui social.
I RICORDI
Sono alcune delle immagini più belle che rimarranno a lungo dentro le gallerie dei cellulari e negli archivi social di chi, ieri sera, ha assistito al primo dei due concerti romani del cantautore bresciano che in un anno è passato dallo scrivere canzoni sui quaderni in cameretta a vincere 40 Dischi di platino e vendere 320 mila biglietti per il suo tour. Per Riccardo Fabbriconi, questo il vero nome di Blanco, che stasera sempre a Capannelle canterà davanti ad altri 30 mila fan, è stato un po' come giocare in casa.
È cresciuto a Calvagese della Riviera, in provincia di Brescia, ma nelle vene del cantautore scorre sangue romano, da parte di padre: «È di Primavalle, ha sempre creduto in me», racconta Blanco. Da lui che ieri ha fatto salire sul palco, su Notti in bianco Riccardo ha ereditato la passione per la Roma. Che nel pomeriggio lo ha accolto da star a Trigoria, tra strette di mano con Mourinho, capitan Pellegrini e pure Dybala (Zaniolo, Spinazzola e Mancini lo hanno pure raggiunto a Capannelle), dopo aver inserito già da mesi la sua Finché non mi seppelliscono nella playlist che carica la squadra prima delle partite: «Quando canto qui ho l'ansia: questa è come se fosse la mia seconda casa», sorride.
La hit contenuta nell'album Blu celeste durante il concerto è cantata da tutti, romanisti e no, mentre Blanco si scatena, restando subito a torso nudo, grondante di sudore, dopo aver cominciato il concerto in canotta nera con Mezz'ora di sole. Sul palco Riccardo dimostra di avere la sfacciataggine del rapper di provincia, la disinibizione delle rockstar, l'attitudine della popstar. È incontenibile. Su Pornografia si arrampica sulle impalcature ai lati del palco. Per un attimo guarda giù, come per prendere le misure e fare un salto di almeno cinque metri, correndo il rischio di farsi male. Alla fine rinuncia, facendo tirare un sospiro di sollievo alla sicurezza.
Spacca a terra le sedie che fanno parte dell'arredamento della sua cameretta, che ricrea sul palco. David, Ladro di fiori, Lucciole sono alcune delle tappe della sua scalata al successo. Nei suoi pezzi c'è un disagio diverso, rispetto a quello dei trapper. Niente palazzine, ma assenze e vuoti da colmare, come canta nel nuovo singolo Nostalgia. «È dedicata all'ex Giulia», dicono alcuni fan. «No, è dedicata alla nuova fidanzata, Martina», sostengono altri. Lui con ironia taglia corto: «È dedicata a Blanco».
Da quelli attaccati alle transenne sotto il palco a quelli che un centinaio di metri più giù chiudono la distesa, arrivati per ultimi: sanno tutti a memoria i versi di ogni canzone. Il cantautore di tanto in tanto si volta a guardare il suo produttore Michelangelo, vero nome Michele Zocca (più grande di lui di dieci anni), a cui deve molto del suo successo: dietro le sue hit ci sono i guizzi del polistrumentista, che sul palco accompagna Blanco alle tastiere, guidando la mini-band composta insieme al batterista Jacopo Volpe e al bassista Emanuele Nazzaro. Bastano i suoi accordi al pianoforte, al secondo bis, dopo Mi fai impazzire, Afrodite e La canzone nostra, per far partire l'ennesimo coro del pubblico.
ASSENTE
Mahmood non c'è, come a Sanremo e all'Eurovision: un problema alle corde vocali lo ha costretto a rimanere a casa. Blanco se la cava da solo, condividendo gli applausi con Michelangelo, prima di salutare tutti con Notti in bianco e Nostalgia: «Fino a tre anni fa lavoravo in una pizzeria: tutto questo non mi sembra vero». Stasera il bis.