Vecchi mobiletti appoggiati a un muro.
Una lite brutta, hanno detto. Qualcuno ha parlato di quattro persone che si confrontavano, altri di cinque. Il tempo di arrivare e c’era solo a terra il corpo di Afsal: unica traccia qualche goccia di sangue tra il portone dell’edificio e il punto di caduta. I carabinieri, diretti dal comandante provinciale, colonnello Riccardo Barbera, dal capitano della compagnia Giovanni Rolando e coordinati dal tenente Giuseppe Sicuro, comandante del nucleo investigativo, hanno immediatamente messo in sicurezza l’area ed iniziato ad effettuare i rilievi necessari a ricostruire la dinamica degli eventi.
Che nelle loro linee generali sono apparsi subito abbastanza chiari. Con una sola principale difficoltà, quella di recuperare l’arma del delitto. Afsal Hossain Khokan è morto per una banale questione condominiale, al termine di una discussione su dove, in quel condominio con due ingressi, andasse piazzata la roba inutilizzabile. Un cerchio di possibili indiziati abbastanza chiuso, anche se i residenti nella palazzina non sono pochissimi, tutti stranieri e prevalentemente provenienti dal Bangladesh. I carabinieri hanno ascoltato tutte le persone che, in quel momento, si trovavano nella palazzina, compreso il coinquilino di Khokan. Uno di quelli che, sul momento, hanno detto di non aver visto nulla. Tutti sono stati fotosegnalati e su ciascuno è stata eseguita una ricognizione dei capi d’abbigliamento indossati per verificare eventuali strappi o segni che potessero far pensare a uno scontro fisico. Così come sono stati controllati tutti gli appartamenti alla ricerca del coltello utilizzato per colpire.
In serata la svolta: per l’omicidio di Khokan, hanno fatto sapere i carabinieri, c’è un fermato e si tratta di un marocchino di 63 anni, domiciliato a Pescara, la cui posizione si è aggravata sulla base delle risultanze investigative.