Sette religiose e tesori nascosti: il
giallo degli eretici della Pedemontana

Sabato 1 Agosto 2015 di Sergio Frigo
Umberto Matino
Pedemontana veneta sacrestia d’Italia? Ci voleva un giallo - "Tutto è notte nera" (Ed. Biblioteca dell’Immagine, 400 pp., € 14) - per far scoprire al grande pubblico una storia completamente diversa. Lo ha scritto l’architetto scledense padovanizzato Umberto Matino, e sta diventando il caso letterario dell’estate, veleggiando verso le 10mila copie, che di questi tempi sono un’enormità soprattutto considerato che a pubblicarlo non è certo un grande editore (che pure nel passato ha tenuto a battesimo gli exploit di Mauro Corona). Matino peraltro aveva già sbancato le librerie nel 2007 con "La valle degli Orchi", venduto in 20mila copie (anche in Germania) solo col passaparola, a cui è seguito nel 2011 "L'ultima Anguàna".



L’"ultimo nato" dell’architetto, che ha 65 anni e fa il consulente dopo essere stato direttore tecnico di una società di engineering mestrina, ha un titolo che - maliziosamente occupandosi di cimbri - cita una filastrocca del Salento: zona da cui è originario il maresciallo Piconese, comandante della stazione di Schio, che si trova a gestire le indagini su una scia di omicidi che avvengono nelle isolate contrade a monte della città. «Siamo nel 1975, prima che anche quassù tutto cambiasse, con la fine della socialità di contrada e dell’economia montana», spiega Matino.

La prima vittima è la giovane ospite di una comunità religiosa, che prima di morire con un coltello nella schiena affida alcuni antichi documenti a un geometra di passaggio, il quale ha buoni motivi per tenersi alla larga dai carabinieri. Nelle carte, risalenti al ’600, c’è il movente dell’omicidio, che si ammanta di religiosità ma punta al ritrovamento di un tesoro. Parallelamente all’indagine ufficiale, che deve districarsi fra archivi, sette religiose e le antiche comunità germanofone dell’Alto Vicentino, si dipana quella "informale" di un cronista del posto, coadiuvato suo malgrado dal geometra, da una giovane e intrigante postina e dal fratello di lei, dispettoso come un Salbanello, coi luoghi reali (indicati su un’opportuna cartina) a fare da protagonisti.



Ma intorno al giallo, che si dipana con trovate ingegnosissime e divertenti notazioni di colore, si palesa pagina dopo pagina una storia alternativa della Pedemontana e della Serenissima, fatta di ribellioni religiose e sociali soffocate nel sangue, di cui ci sono vaghe tracce nei resoconti degli storici perchè era usanza della Dominante "far morire segretamente chi merita" (lettera dell’ambasciatore Paolo Tiepolo a papa Pio V, 1568), e comminare loro anche la condanna all’oblio. «E a morire - ricorda l’autore - furono migliaia di persone vicine all’anabattismo, che aveva trovato terreno fertile nella Pedemontana prossima per lingua e cultura al mondo protestante germanico e insofferente delle tasse di Venezia e dell’integralismo cattolico di stampo tridentino» (ma non nei Sette Comuni, fedeli alla Serenissima e sollevati dalle tasse per i loro servigi).



Tutto questo Matino riesce a impastarlo mirabilmente nella trama del giallo, senza rinunciare all’acribia dello studioso, che scova negli archivi le cronache del tempo e saggi storici sconosciuti ai più, dedicando 60 pagine in appendice ad approfondire questi eventi fino a elencare i nomi di 2200 veneti (molti i religiosi) perseguitati o uccisi dall’Inquisizione nei territori della Serenissima tra il 16. e il 17. secolo; senza dimenticare la progressiva erosione delle autonomie a partire dall’abolizione del diritto delle terre cimbre di nominare i propri parroci.

Non solo: affiora da queste vicende anche il ruolo di queste comunità etnico-religiose nello sviluppo economico del Veneto: «Non erano solo pastori e boscaioli - puntualizza lo scrittore - ma anche minatori, artigiani, tessitori, dotati di quello spirito di intrapresa che Weber fa derivare dall’etica protestante: ci si è mai chiesti perchè l’industria nasce soprattutto allo sbocco di quelle valli, tra Valdagno e Schio?» Le questioni etnica e religiosa, insomma, si propongono come chiavi di lettura della storia del Veneto che una sinistra tradizionalmente operaista"non ha mai imparato a usare, finendo per subire, dopo i lunghi anni della Dc, anche l’egemonia della Lega.
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