Call of Duty Black Ops III, la prova:
una guerra sempre più disumana

Sabato 21 Novembre 2015 di Andrea Andrei
Call of Duty Black Ops III, la prova: una guerra sempre più disumana
La guerra, ahimè, è quanto di più disumano e al contempo più profondamente umano ci sia. Esiste dall'alba della civiltà e, probabilmente, continuerà sempre a esistere.



Perciò un videogame come Call of Duty, re indiscusso degli "sparatutto" da dodici anni a questa parte, può ogni volta sbizzarrirsi a immaginare come saranno i conflitti nel futuro, quali saranno le forze in campo e soprattutto quali le armi a disposizione. E Black Ops III rappresenta un passaggio estremo in questo senso, visto che l'uomo in quanto tale viene sempre più sostituito dalle macchine, se non quasi del tutto annullato.





L'evoluzione. La serie targata Activision nacque come una ricostruzione, epica e cinematografica, della Seconda Guerra Mondiale. Attraverso gli anni si è evoluta, passando dai giorni nostri (con il conflitto in Afghanistan) e poi cimentandosi nel futuro. Che ovviamente nell'immaginario degli sviluppatori non poteva che essere catastrofico. Solo che non è facile ogni anno mettere mano a un classico, che piace proprio perché invariato nelle sue dinamiche seppure sempre un pochino migliorato nella grafica. Farlo uscire sul mercato con una frequenza minore è fuori discussione, visto che puntualmente COD si piazza fra i primi posti della classifica dei giochi più venduti e ci resta per mesi. Esattamente un anno fa, la serie ha festeggiato i 10 miliardi di dollari di vendite.



Senza contare che si tratta di un gioco che in molti amano per il multiplayer, cioè per la possibilità di affrontare altri avversari online in tutto il mondo, e che quindi necessita di rifarsi il trucco spesso per tenere vivo l'interesse dei fan, magari cercando di migliorare quei difetti che una delle comunità più agguerrite (è proprio il caso di dirlo) e partecipative del mondo videoludico segnala sempre prontamente.



Il gioco. Black Ops III in parte c'è riuscito, anche se per farlo ha dovuto mettersi in discussione. Tanto che gli sviluppatori di TreyArch hanno preso in prestito da un altro classico dei videogiochi di nuova generazione, Assassin's Creed, il concetto base del gioco. Nella "campagna", le varie missioni e la storia altro non sono che proiezioni di un passato drammatico le cui sorti devono essere cambiate per salvare il destino del genere umano. In pratica, i protagonisti del videogame vengono di volta in volta fatti viaggiare nel tempo e portati nel mezzo di situazioni critiche che in passato si sono risolte nel peggiore dei modi. Sta a loro cambiare il destino.



La novità maggiore è che i combattenti di Black Ops III non sono più "semplici" esseri umani: hanno infatti un chip installato nel cervello che li rende potentissimi, e li dota di alcune abilità degne più di Might and Magic che di un soldato. In pratica ci si può "impossessare" a distanza di robot, droni e torrette, oltre ad avere una serie di "mosse speciali" che permettono di distruggere con un pugno o una spallata orde di nemici. Non solo: il chip permette ai soldati di trasformarsi in hard disk portatili e di immagazzinare dati e informazioni e di trasferirseli a vicenda, oltre che addirittura poterli rubare direttamente dalla mente altrui. I nemici sono sempre più spesso rappresentati da robot e macchine, il che rende questo videogame più simile a un gioco di fantascienza che a uno di guerra.



A parte queste novità ultra-futuristiche, Black Ops III mantiene gli elementi di base a cui Call of Duty ci ha abituato: azione mozzafiato, esplosioni di ogni tipo, colonna sonora epica e un vasto arsenale. Se uno degli appunti che vengono da sempre fatti alla serie Activision è di non lasciare spazio all'esplorazione dell'ambiente, ma di costringere i giocatori su dei "binari" virtuali, stavolta questo aspetto è stato un po' migliorato. Per raggiungere un punto è possibile infatti variare il percorso, anche se solo leggermente, secondo i propri gusti.



Ma COD non sarebbe tale se non avesse una buona dose di irrazionalità. E per la felicità di chi ama sparare senza un perché è tornata la modalità Zombie, il cui unico scopo è respingere orde infinite di non-morti dall'origine imprecisata.



La novità del multiplayer è invece la possibilità di selezionare il proprio personaggio fra gli "specialisti", ovvero tipologie di guerrieri con diverse caratteristiche e "mosse speciali".



Conclusioni. Si potrebbe dire che Black Ops III sia un Call of Duty sui generis, che rispetto ai predecessori spinge il concetto di modernità forse un po' troppo in là, tanto da oltrepassare il limite con la fantascienza. È evidente lo sforzo compiuto per inserire degli elementi di novità, e d'altra parte si ha come l'impressione che in questo processo qualche cosa si sia perso per strada. Resta comunque un Call of Duty a tutti gli effetti, cosa che per gli appassionati è garanzia di qualità.



Uno dei protagonisti, nel corso della storia, come a voler rassicurare i giocatori, sottolinea che l'uomo vincerà sempre sulle macchine. Ma da quello che si intuisce in questo videogame, è chiaro che per farcela dovrà essere comunque aiutato da altre macchine.
Ultimo aggiornamento: 20 Novembre, 15:19

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