Flavio Tosi, l’ex leghista che sfida
Zaia: «Sono io il vero uomo del fare»

Giovedì 28 Maggio 2015 di Alda Vanzan
Flavio Tosi, l’ex leghista che sfida Zaia: «Sono io il vero uomo del fare»
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VERONA - Determinato, cocciuto. Ma capace anche di commuoversi, come quando, dopo lo strappo con la Lega, ha annunciato di candidarsi in Veneto. «Per vincere», aveva detto alla platea tinta di giallo, il colore dei "Fari" che non ha voluto mollare, facendosi così cancellare dalle liste del Carroccio. E convinto pure ora di farcela. «Io non corro per perdere».

O lo ami o non lo sopporti, dicono di Flavio Tosi, oggi sindaco di Verona, ieri segretario veneto della Lega, domani chissà. Corre per la presidenza di Palazzo Balbi, ma l’orizzonte è nazionale: la leadership del centrodestra, ma, dice, di un centrodestra moderato, che nulla abbia a che a fare con «la deriva lepenista» dell’attuale Carroccio di Matteo Salvini.



Finché c’è Salvini - ripete - Matteo Renzi continuerà a vincere. Il futuro è una pagina tutta da scrivere, intanto c’è un presente di mercati da battere al tappeto, pranzi e aperitivi elettorali, comizi in palasport che all’ultimo i sindaci gli negano com’è capitato a Monteforte d’Alpone, confronti voluti e non concessi dal governatore in carica. «Salvini si lamenta che Renzi rifiuta i confronti? Lo dica a Zaia di accettare un dibattito pubblico, nell’interesse dei veneti, sui temi più importanti per le nostre famiglie, come la Sanità. Mi ha già detto no».



È il ritornello di questa campagna elettorale di Flavio Tosi, lui che alla guida della Regione Veneto doveva essere candidato ancora cinque anni fa, ma Umberto Bossi gli preferì Zaia e al sindaco di Verona venne delineato uno scenario nazionale. Finché Salvini, che doveva fare solo il segretario della Lega, si prese questo e quello. Pochi lo confessano pubblicamente, ma qualcuno ha goduto della cacciata di Tosi: proprio lui che per mesi aveva firmato epurazioni nel Carroccio veneto è stato messo alla porta. Non che abbia impiegato granché per reagire e decidere di non fare il pensionato della politica. Anzi.

E così eccolo qua, in una delle sue tante declinazioni di casual beige, a stringere mani al mercato settimanale di Agna, poco più di tremila anime nella bassa padovana, con il sindaco Gianluca Piva, «candidato per spirito di servizio», che lo porta in giro, banco per banco, come un santo in processione. E Maurizio Conte, l’assessore regionale in carica all’Ambiente, che gli si schiera al fianco quando c’è da passare accanto al gazebo della Lega. Al mercato ci sono tutti i simboli elettorali e Tosi saluta tutti quanti. Con Alessio Morosin di Indipendenza Veneta l’abbraccio non è finzione. Strette di mano con i supporter di Forza Italia, un saluto anche ai compagni del Pd. Solo davanti alle bandiere del suo ex partito tira dritto. E pensare che l’hanno seguito in parecchi. Conte a Padova. Andrea Bassi e Giuseppe Stoppato a Verona. Daniele Stival a Venezia. Luca Baggio a Treviso. L’ultimissimo, Leonardo Muraro. Tutti ora a caccia di voti. E se si origlia mentre parlano con i supporter, si intuisce che le aspettative sono alte. Tanto che in pasticceria da Franco Villani, geometra mancato che ha preferito dedicarsi a creme e sfoglie, qualcuno azzarda: «Di questo passo la Moretti arriva terza».

Sicuri? «Questa è una campagna elettorale dagli esiti imprevedibili - dice Tosi passando da un banco all’altro - Sono saltati gli schemi. Soprattutto, c’è l’incognita dell’astensionismo che non si sa chi penalizzerà. Le Regionali non sono come le Politiche o le Comunali, sono sentite meno. Io non corro per perdere. Lo so che è difficile, ma non è impossibile». Ma col senno di poi, è ancora convinto di aver fatto bene a candidarsi? «Convintissimo, era una battaglia di coerenza». E quando qualcuno lo ferma per strada per dirgli «mi raccomando, va bene l’alleanza con Area popolare, ma prendere ordini da Alfano no», il sindaco assicura: «Non ho mai avuto padroni. Mai preso ordini, neanche da Milano».

Di questa campagna elettorale che sta volgendo al termine dice che, più di tutto, una cosa gli è piaciuta: «Quando la gente, agli incontri, ai dibattiti, quando ci sente parlare, dice che senza di noi non sarebbe andata a votare». La più brutta «il fatto che Zaia abbia sempre cercato di evitare il confronto». Tra i due si avverte un reciproco gelo e il sindaco non lo nega: «Non c’è mai stato feeling tra me e Zaia».

Adesso sono avversari diretti e il sindaco di Verona macina chilometri in lungo e in largo per soffiargli Palazzo Balbi. Dal mercato di Agna a Conselve per un altro aperitivo elettorale, poi su a Cavaso del Tomba per un pranzo con i supporter trevigiani, il pomeriggio a Conegliano con le Docg dei viticoltori. Non ha un uomo-agenda, «l’agenda me la tengo io, mi girano le segnalazioni, ma gli appuntamenti li decido io». Gli bastano poche ore di sonno, quattro in media, è arrivato al record di due quand’è tornato dalla fiaccolata al Monte Verena per il ricordo dell’inizio della Grande Guerra. Difende la sfera privata con i denti, tanto che sul suo sito definisce la famiglia così: «Un fatto privato e una risorsa vitale per la società». Stop. Però quando gli si domanda se è vero che intende sposare la senatrice Patrizia Bisinella non si trincera dietro un no comment: «Certo. E il prima possibile».



Nel suo programma elettorale per la Regione emergono due punti chiave: l’eliminazione della burocrazia e la creazione di zone franche. La prima è un chiodo fisso, ormai da anni, di tutti i candidati, ma Tosi è convinto di farcela: «A Verona ci sono riuscito». Quanto alle zone franche, Tosi le immagina per Recoaro, per alcune zone del Polesine e del Bellunese, anche per Porto Marghera, altrimenti - dice - con le bonifiche e la riconversione non se ne viene fuori. E se si obietta che sembra l’uovo di Colombo, ma poi bisogna contrattare la tassazione con l’Unione europea e non è detto che a Bruxelles siano d’accordo, Tosi sorride: «Si può, eccome». E ricorda: «Io sono un uomo del fare».
Ultimo aggiornamento: 17:51